Teatro-Museo Dalí

Voglio che il mio museo sia come un blocco unico, un labirinto, un grande oggetto surrealista. Sarà un museo assolutamente teatrale. La gente che lo visiterà se ne andrà con la sensazione di aver fatto un sogno teatrale. Salvador Dalì

Se trascorrete qualche giorno a Barcellona e siete amanti dell’arte o curiosi di immergervi in un mondo fuori dagli schemi, non fatevi sfuggire l’occasione di visitare il Teatro-Museo Dalì a Figueres. E’ facilmente raggiungibile con un’ora di treno.

Nel 1954 Dalì stava presentando una mostra a Palazzo Reale di Milano che era stato bombardato. Da qui trasse ispirazione e pensò alle pareti bruciate del Teatro Municipale di Figueres, la sua città natale, come luogo in cui far costruire il suo teatro. Come affermava l’artista: I resti del teatro municipale mi sembrano perfettamente adeguati per tre ragioni : la prima è perchè sono un pittore principalmente teatrale, la seconda perchè il teatro si trova di fronte alla chiesa dove sono stato battezzato e lei sa già che sono cattolico, apostolico e romano e la terza perchè precisamente nella sala del vestibolo del teatro che venne allestita la mia prima mostra di pittura. Dal momento che Figueres era considerata “regione devastata” a causa dei bombardamenti subiti durante la guerra civile spagnola, gli enti pubblici finanziarono i lavori di ristrutturazione tra cui la costruzione della cupola geodetica. Il teatro venne ufficialmente inaugurato il 28 settembre 1974.

Il Teatro-Museo Dalì, ex Teatro Municipale di Figueres si trova vicino alla Chiesa di Sant Pere in cui l’artista fu battezzato. Nell’immaginario di Dalì il suo teatro-museo doveva intrattenere i visitatori e renderli partecipi dell’esposizione. Non solo, fedele ai principi del surrealismo, l’idea era di catapultare il visitatore in un mondo misterioso, a contatto con il subconscio, spesso con significati nascosti, al fine di incuriosire e spingere il visitatore a ritornare.   

Esterno

 Il percorso di avvicinamento all’arte di Dalì inizia dall’esterno. Qui troviamo statue e decorazioni particolari, tra cui:

  • Il monumento al filoso catalano Francesc Pujols;
  • L’omaggio a newton per la legge sulla gravità. La scultura è rappresenta in forme stilizzate con una mela-palla appesa ad un pendolo;
  • Tre sculture dedicate al pittore Jean Louis Ernest Meissoner.
  • L’Obelisco della televisione realizzato da Wolf Vostell. Vicino una testa di cartone di un mostro che sulla testa ha un televisore, realizzata dal pittore Rafael Duran, amico di Dalì.
  • In cima alla facciata centrale sono poste figure in stile déco, quelle agli angoli sorreggono l’atono di idrogeno. Mentre sul cornicione si trovano quattro corpi di guerrieri bianchi con un filone di pane sulla testa.
  • Palombaro con una tuta gialla, che è uno dei simboli più importanti raffiguranti il subconscio.

Cortile

Una volta entrati questo labirinto espositivo ha inizio nel cortile, dove rimaniamo affascinati da una serie di oggetti che catturano l’attenzione per l’originalità. Prima di tutto la cadillac e sopra questa La Grande Esther di Ernst Fuchs che con le sue catene tira la colonna di penumatici. Questa statua è un omaggio all’imperatore Traiano, nato in Hispania, l’attuale Andalusia, e che destava l’interesse di Dalì. In cima alla colonna si erge una barca e un ombrello nero. Tutto questo insieme di cose fa parte del simbolismo daliniano. La macchina, simbolo della mobilità nel XX secolo, ritorna spesso nell’arte di Dalì. Mentre la barca e l’ombrello, omaggio a Gala, la moglie dell’artista, si reggono su delle stampelle, elemento molto presente nell’iconografia daliniana. La stampella ha infatti un duplice significato: da una parte quello di una società ricca ma che necessita sostegno, dall’altro quello della vecchiaia che anche in questo caso necessita di un supporto.

Sulle pareti ci sono ancora le travi bruciate dall’incendio del 1939 come testimonianza e ricordo di ciò che successe. Inoltre è possibile ammirare un gruppo scultoreo rappresentato da mostri grotteschi. Dalì trasse ispirazione dal Parco dei mostri di Bomarzo, 90 km a nord di Roma.

Cupola

Dal cortile ci dirigiamo verso uno spazio grandissimo, un palcoscenico sovrastato da una cupola geodetica che è divenuta il simbolo del Teatro-Museo. Guardano in alto si possono vedere due mani i cui indici si stanno per toccare, allusione alla Cappella Sistina di Michelangelo.

Mentre sulla parete che si affaccia verso il cortile è dipinto un enorme busto con un’apertura sul petto e alle spalle dei cipressi e delle rocce che si ergono dal mare, riferimento frequente a Capo Creus, dove Dalì e la moglie Gala erano soliti trascorrere tempo insieme.

Volgendo lo sguardo a sinistra, c’è uno spazio a 3 arcate. Nella parte centrale si trova il quadro “Gala nuda che osserva il mare mentre a 18 metri appare il presidente Lincoln”, in cui l’artista è un precursore utilizzando immagini digitalizzate nella pittura. Sotto il quadro c’è una scultura dedicata a El Poli i la Puça, (il pidocchio e la pulce), allusione a due personaggi della sua infanzia, agli inizi del ‘900, che suonavano per Figueres in cambio di qualche moneta.

Nell’arcata sinistra è possibile si può vedere la scultura in cera Cristo twisteato, in cui Gesù sofferente è modellato con forme molli e ricurve, omaggio ad un altro artista catalano noto per le sue forme curve curvi: Anoni Gaudì. Sopra questa il quadro a inchiostro e collage: San Narciso e le Mosche, che ricorda la disfatta dell’esercito francese a Girona nel 1809. Secondo la leggenda, dopo aver profanato le Chiese e rotto il braccio di San Narciso, Dio mandò uno sciame di mosche che entravano nelle narici di cavalli e uomini provocandone la morte. Anche in questo caso, la mosca fa parte della simbologia di Dalì rappresentando l’elemento paranoico-critico per eccellenza.

Sala Dalí D'Or

Attraversiamo diverse stanze. Nella sala Dalì d’Or è interessante il quadro Violette imperiali, dipinto da Dalì nel 1938. In questo momento la Spagna si trovava in piena guerra civile, mentre in Europa si stava avvicinando alla Seconda Guerra Mondiale.  Il motivo principale dell’opera è un telefono su un piatto, simbolo del fallimento della comunicazione. Inoltre la gamma cromatica è molto scura, a significare il momento di incertezza internazionale di quel periodo.

Sala Maw West

E’ una delle sale più popolari. Mae West fu una delle attrici statunitensi più popolari (1893-1980) e la prima sex symbol del cinema. Ciò che cattura l’attenzione è sicuramente il Volto di Mae West utilizzabile come appartamento. Si tratta di una composizione che ritrae il volto dell’attrice: gli occhi sono raffigurati con due ingrandimenti fotografici di Parigi; il naso è un camino con legno, mentre la bocca è un sofà.

Vicino si può ammirare un Cammello, regalo della casa Camel da cui pende una lente in cui è ritratto il volto di Mae West.

Altri dettagli interessanti sono: il dipinto ad olio di Testa di Michelangelo, raffigurato con un cassetto sulla fronte. Mentre sul corridoio incontriamo la riproduzione Busto di donna retrospettiva. Si tratta di un busto di donna arricchito con una serie di altri elementi simbolici tra cui: formiche che scendono dalla fronte; pannocchie di granoturco, un filone di pane, i resti di una mandibola di squalo e di un pesce volante.

Palazzo del vento

In questa parte del teatro ci sono una serie di pareti dipinte con i motivi surrealisti tipici di Dalì. Iniziamo con il soffitto in cui spicca l’enorme raffigurazione su base prospettica di Dalì e di Gala. Dalì è dipinto con cassetti che si aprono dal torace in su.

La camera da letto è formata da un letto a forma di conchiglia, mentre sulla parete c’è un quadro con orologi molli, simbolo ricorrente nella pittura dell’artista.

Tra le varie sculture che troviamo uscendo, interessante è Dieci ricette d’Immortalità, un omaggio alle ricerche alchimiche dello scienziato Newton.

Sala Dalí D'Or

La Torre Galatea è quella che all’esterno è colorata di rosso e ricoperta con uova, simbolo della dualità tra l’esterno duro e l’interno molle, immagine prenatale e raffigurazione intrauterina, simbolo di amore e speranza. Questa parte del Teatro-Museo contiene una serie di opere che hanno lo scopo di creare effetti ottici, unendo la tecnica artistica alla tecnologia scientifica di quel tempo, come la doppia immagine, la fotografia e il cinema. Tra le varie opere spicca il quadro che a colpo d’occhio ricorda una tigre. Dalì ha scomposto il soggetto in 50 parti tra quadrati e triangoli. Se osserviamo l’opera da due metri di distanza si notano 3 volti di Lenin con tratti cinesi. Se viene vista da una distanza superiore a 6 metri appare la testa di una tigre del Bengala.

Divina Commedia

Un lavoro a cui Dalì prestò la propria mano fu la realizzazione della Divina Commedia di Dante Alighieri in 100 disegni. Dante Alighieri, fu esiliato nel 1302, da quel momento fino alla sua morte nel 1321 si dedicò alla stesura del suo celebre poema. Nel 1950 L’Istituto Poligrafico dello Stato Italiano incaricò Dalì di rappresentarla sottoforma di disegno. L’artista ci lavorò tra il 1950 e il 1952. Non è molto conosciuta tra le opere di Dalì, ma sicuramente si denota come l’artista è riuscito a rappresentare la condizione umana e il potere trascendentale dell’amore, cosa che lo avvicinò molto al pensiero di Dante.

Che andiate in mattinata o al pomeriggio, una volta visitato il museo è possibile trascorrere un’altra mezza giornata alla città di Girona, a circa 40 minuti a sud di Figueres e in direzione Barcellona.