
La prima sensazione degli italiani che arrivano a Berlino è quella di spaesamento. È infatti diversa dall’idea di città che abbiamo, con un centro, una zona pedonale, negozietti. Quello che oggi i berlinesi considerano come il centro sono 100 km quadrati ed è l’unione tra l’ex-Berlino Est e l’ex-Berlino Ovest. Siamo abituati con città aventi un patrimonio architettonico preservato, si pensi a Parigi, Londra, Praga, mentre la capitale tedesca non ha questa bellezza architettonica, a causa dei bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale.
Berlino è stata l’ultima capitale di un impero aristocratico classico che è nato nel cuore dell’Europa. Nel 1871 c’era una famiglia che si chiamava Hohenzollern, arrivata qui nel 1400. All’inizio erano duchi, poi conti, re, imperatori. Fecero carriera e Berlino come capitale insieme a questa famiglia. Quando diventano imperatori Berlino esplode demograficamente. Nel 1871 aveva 800 mila abitanti, nel 1920 4 milioni.
Potsdamer Platz

Questa piazza è un buon punto di partenza per cominciare a conoscere Berlino. Di solito quando si fa turismo ci soffermiamo sulla superficie, mentre a Berlino le cose più interessanti sono quelle nascoste. Ad esempio questa doppia linea di sanpietrini che taglia il marciapiede e gli edifici di Berlino è un memoriale e si chiama “la cicatrice”, mostrando esattamente dove passava il muro di Berlino. Churchill aveva detto che la cortina di ferro e il muro di Berlino erano cicatrici sulla faccia dell’Europa. E questa cicatrice c’è ancora. Ci sono stati 140 morti a Berlino facendo ciò che noi oggi diamo per scontato: attraversare Berlino ovest (Potsdamer Platz) per andare ad est.
Questa piazza però, è anche importante perché agli inizi del ‘900 vinse il premo come piazza più moderna del mondo. Qua per esempio c’è stata la prima stazione di treni prussiana, in stile barocco, distrutta durante i bombardamenti , mentre più avanti c’è il terzo semaforo del mondo. Ci sono palazzi che stanno costruendo ora, prima era campagna. Tutta questa vecchia Berlino prussiana, legata all’età imperiale, non esiste più a cause delle bombe della Seconda Guerra Mondiale. 7500 aerei sovietici e 3500 tra inglesi e americani colpirono Berlino. Un anno di bombardamenti con la speranza che il popolo capisse che non c’era più speranza di continuare a combattere e insorgessero contro il dittatore. Ma la gente non si arrese. Alla fine arrivano 2 milioni di sovietici, circondarono la città e si diedero appuntamento al bunker dove era nascosto Hitler ed Eva Brown. Hitler mandò i più fanatici a difendere Berlino: ragazzini di 12-13-14 anni. Fu la gioventù hitleriana a contrastare i sovietici quando arrivano in città perché quelli più grandi non erano più a disposizione e la battaglia che ha portò poi alla capitolazione del Terzo Reich a Berlino durò 3 settimane. E’ stata una battaglia tremenda, ogni edificio aveva dei cecchini e avanzavano a cannonate. Dove c’è stata più resistenza non è rimasto niente. Il 90% di Berlino fu raso al suolo. In questa piazza siamo al 99%. Nel 1945 era la distruzione totale. E poi quando terminò il problema della guerra, ne iniziò un altro con il Muro di Berlino.
Potsdamer Pltatz è stato il primo grande cantiere alla fine degli anni ’90, perché è il centro di Berlino. Fu la piazza divisa dal muro e la piazza più importante del mondo agli inizi del ‘900, di conseguenza il comune di Berlino decise di ripartire da qui per la ricostruzione. L’idea era di fare una piazza tutta contemporanea con l’idea di una città che guardava al futuro e scrollandosi il Ventesimo scosso con Prima Guerra Mondiale, Nazismo, Seconda Guerra Mondiale, Guerra Fredda e Muro. L’architetto che fece la planimetria generale fu un italiano di Genova: Renzo Piano. Quest’architetto ha un po’ discusso con il sindaco perché in tutta la piazza era rimasta una reliquia del Ventesimo secolo scampata alle bombe e al Muro di Berlino, un edificio di architettura nazista della fine degli anni ‘30, la cui pietra veniva dal campo di concentramento di Mauthausen e che al piano terra ospitava il ristorante del fratello di Hitler. Renzo Piano avrebbe voluto toglierlo, ma il comune glielo negò. Di conseguenza fece in modo di nasconderlo.
Sopra l’ex ristorante del fratello di Hitler ci sono gli uffici di questa piazza che non è pubblica. Qui lo stato tedesco ha venduto i vari lotti lungo il Muro di Berlino a imprese private e immobiliari e tutta quest’area è della Mercedes Daimler-Benz, che ne ha adibito una parte per le mostre d’arte. Davanti si legge la scritta HALS-HUTH . Era il nome storico della famiglia Huth che aveva un’enoteca e questo è quello che gli ha salvato la vita, perché normalmente qui i solai e il tetto erano in legno e di conseguenza facilmente infiammabili a seguito delle bombe. Invece questo edificio della fine degli anni ‘30 già era un’enoteca con le botti posizionate all’ultimo piano. Questo perché 3 metri sotto Berlino scorre l’acqua, c’è molta umidità e non era fattibile fare le cantine al piano terra o al seminterrato come in Italia. Di conseguenza le botti erano al piano superiore e il solaio in cemento armato. Questo gli permise di resistere agli incendi causati dalle bombe della Seconda Guerra mondiale.
Scritta Berliner Mauer

Mentre si passeggia per Berlino, in alcuni punti sul manto stradale, si trova la scritta Berliner Mauer 1961-1989. Quando si legge dal lato giusto significa che siamo ad Ovest. È l’unica maniera per capire in che lato ci troviamo. Se la vediamo al contrario vuol dire che siamo sul “lato comunista”. Ovviamente chi ha fatto questo memoriale è stato l’ovest dopo che il muro di Berlino era crollato e per buona parte smantellato. Il nome Muro di Berlino è solo il nome che veniva dato ad ovest, ad est il muro viene fatto per impedire che i cittadini se ne vadano ad occidente, però non venne detto pubblicamente. Dissero che serviva per difendersi dai fascisti che erano a Berlino Ovest e il nome dato a Berlino Est fu muro di protezione anti-fascista. Quindi avevano 2 nomi diversi per il muro. Il muro non segue una linea dritta ma a zig zag, questo perché ricalcava esattamente la divisione dei quartieri formando la cosiddetta cicatrice lunga 155 km.
Niederkirchnerstraße
PRIMO PARLAMENTO PRUSSIANO – PARLAPRIMENTO REGIONALE DI BERLINO

Il primo edificio è anche il più antico: un bel palazzo sede del Primo Parlamento Prussiano quando la Prussia era un regno. Oggi è usato come Parlamento Regionale. Berlino è una città a statuto speciale e funge anche da regione. Quando era parlamento reale prussiano, uno degli ultimi cancellieri che ha lavorato qui è stato Otto von Bismarck a fine ‘800. Anche questo doveva essere abbattuto perché non era stato raso al suolo totalmente ma al 75%. Lo hanno ricostruito perché qui siamo a Berlino Est e qua dentro, anche se era un segno del regno, nacque il partito comunista tedesco e per questo decisero di mantenerlo.
MARTIN-GROPIUS-BAU



Girandosi si trova un altro edificio: il Martin-Gropius_Bau di cui possiamo ammirare la quantità di decorazioni e di simboli. Questo fu uno dei primi edifici di epoca imperiale. Quello che si vede giallo sopra nei mosaici è oro vero perché una delle cose che cambiarono da un regno ad un impero furono le colonie e la Prussia si allargò in Africa e in Asia Centrale. Aveva colonie con l’oro che fino a un momento prima non avevano e così iniziarono a rivestire d’oro tutta Berlino per mostrare che anche loro erano diventati una potenza imperiale e coloniale. Il sottotetto è di ceramica riccamente decorato con fiori che sbocciano, rilievi, mosaici, mattoni, mattoni in rilievo. Nessuno degli alleati alla fine della Seconda Guerra Mondiale aveva l’intenzione di spendere anche solo un marco per ricostruire gli edifici simbolo dell’impero che era stato nemico nella Prima Guerra Mondiale e poi nella Seconda. Al contrario, li abbatterono come il Museo di Antropologia, al posto del quale oggi sorge un parcheggio alberato.
Questo edificio si salvò perché si trovava a Berlino Ovest. Lo stavano per abbattere però il nipote dell’architetto che l’aveva costruito a fine ‘800, Walter Gropius, uno dei fondatori della Bauhaus – questo stile architettonico di design che nasce in Germania agli inizi del ‘900. I Gropius erano una famiglia ebraica fuggita a New York. Gli giunse la notizia che il comune di Berlino Ovest stava per abbattere l’edificio del nonno, e il nipote andò a parlare con il sindaco Willy Brandt così che riuscì a comprarlo e ristrutturarlo fino a renderlo uguale all’originale. Oggi non è un museo statale, ma è privato perché è stato fatto tutto con la Fondazione Gropius e la Fondazione Bauhaus. Non c’è un’esposizione permanente, si tratta di arte contemporanea e ogni 3 mesi cambiano le esposizioni. Walter Gropius disse che la guerra è una cosa che non va rimossa dalla percezione delle generazioni che verranno dopo. E infatti possiamo vedere alcune colonne originali piene di fori di proiettili lasciati così per volontà.
Sulle pareti dell’edificio c’è il nome di artisti come Cellini, Schinkel, Raffaello, Mantegna e altri prussiani contemporanei. Sono stati incisi per esaltare l’impero prussiano e lanciare il messaggio che erano loro gli eredi di tutta la cultura rinascimentale fino al barocco francese. Soltanto che durò poco, perché l’impero prussiano durò 50 anni e quando perse la Prima Guerra Mondiale il re abdicò e fuggì.
MINISTERO DELL'AVIAZIONE NAZISTA

Alzando lo sguardo si nota un grande edificio con un’architettura totalmente diversa: grigia, pesante, monocromatica. È nazista. Fu il primo ministero che Adolf Hitler si fece costruire a Berlino. Siamo nel 1934. Era al governo da un anno, dittatura già instaurata e iniziò a fare grandi edifici come propaganda dell’ideologia. Lui diceva che l’architettura nazista sarebbe dovuta essere parole scolpite nella pietra. Questi edifici servivano come propaganda, questo era molto grande, ma non il più grande che era la cancelleria di Hitler. Qui lavorava il numero 2 del nazismo negli anni ’30, Hermann Göring, ministro dell’aviazione e questo era il ministero dell’aviazione nazista la cui costruzione durò solo 9 mesi. C’erano 3800 operai divisi in 2 turni di 12 ore 7 su 7. Operai pagati molto bene: 3 volte in più della media dei salari edili tedeschi, perché serviva anche da propaganda.
Durante la Guerra Fredda questo edificio nazista rimase a Berlino Est ed era uno dei pochi edifici rimasti in piedi. Il pragmatismo tedesco si evince dall’utilizzo delle costruzioni: là dentro era stata proclamata la nascita della Repubblica Democratica Tedesca ed era chiamata la Casa dei Ministeri Comunisti. Quindi l’edificio numero 2 del nazismo divenne la Casa dei Ministeri Comunisti fino al 1989.
Quando cade il muro di Berlino nel 1989, l’anno dopo ci fu la riunificazione e ovviamente fu la Germania Ovest ad annettere la Germania Est. Nel 1990 Bonn, capitale della Germania Ovest, divenne la capitale di tutta la Germani. Berlino non è più niente. Nel 1991 ci fu la votazione per far tornare la capitale a Berlino e per soli 16 voti di scarto vinse il “sì”.
Questo edificio rimase in piedi, anche se era stato simbolo del nazismo prima e del comunismo poi, si decise di utilizzarlo per metterci ancora i ministeri. E continua a far paura ancora oggi perché oggi è la sede centrale del Ministero delle Finanze Tedesche. Ne emerge il pragmatismo tedesco. Non si guarda tanto la simbologia ma si va al sodo che è vicino allo spirito calvinista e luterano.
TOPOGRAFIA DEL TERRORE NAZISTA

Lungo Niederkirchnerstraße è possibile vedere degli scantinati che nulla hanno a che fare con il Muro di Berlino. Questi scantinati sotto sono ciò che resta dell’edificio dove lavorava il numero 3 degli anni ’30 del nazismo: Heinrich Himmler, capo delle SS e capo della Gestapo – la polizia segreta nazista – e poi capo della Centrale di Sicurezza del Reich. Qui c’era la sede centrale di tutte le polizie e la sede centrale delle SS. Le SS sono quelle che diressero le deportazioni, i campi di concentramento, i campi di sterminio. Da qui è stato diretto l’Olocausto. E questo edificio era uscito bene dalla guerra come anche l’altro, solo che nel 1954 è stato abbattuto. Qui siamo a Berlino ovest, la decisione di distruggerlo succedeva in un’epoca in cui queste storie era meglio rimuoverle, anche perché molte persone che lavoravano nel nuovo ministero dell’interno della Repubblica Federale Tedesca venivano dalla Gestapo, dalle SS e dalla Centrale di Sicurezza del Reich. Questo posto è stato totalmente abbandonato fino agli inizi degli anni ’80 quando arrivò un gruppo di giovani del quartiere che con pale e picconi e fecero riemergere ciò che era rimasto sepolto. Il motto loro era: “non dobbiamo far crescere l’erba sulla storia più tremenda della nostra nazione”.
Iniziarono gli scavi e tutti i memoriali e monumenti che hanno a che vedere con il regime nazista a Berlino normalmente sono sempre cose partite dal basso, come associazioni di quartiere. E poi dall’alto lo stato prese coscienza e raccolse i resti nel Museo oggi chiamato Topografia del Terrore Nazista. Dal greco topos luogo, il luogo del terrore nazista. Si tratta di un centro di documentazione con sole foto che spiega chi era la Gestapo, le SS, come Hitler ha sedotto il popolo, tutta la propaganda iniziale, le autostrade, le grandi architetture. Nel vecchio edificio aveva il proprio ufficio Karl Wolff, il numero 3 della Gestapo e delle SS in Italia. Fu colui che diede l’ordine per la strage di Sant’Anna di Stazzema, le Fosse Ardeatine, Marzabotto, l’apertura dei campi di concentramento in Italia come Fossoli, Bolzano, Trieste. Da qui era diretto tutto. Dapprima il terrore sulla Germania e sui dissidenti e le minoranze razziali, e poi una volta conquistata l’Europa su tutta l’Europa. Quindi un luogo fondamentale che racconta fino agli anni ’80 dei processi e dei mancati processi dei persecutori nazisti.
MURO DI BERLINO

Proseguendo lungo la via si trova anche un pezzo originale del muro di Berlino. Quindi Prussia regno, Prussia impero, numero 2 e numero 3 del nazismo, un pezzo originale del muro di Berlino e come oggi la Germania deve fare i conti con le miserie del nazismo. Tutto in 400 metri, è una strada importante, simbolo di tutta la storia complessa in Europa di cui Berlino è stata la capitale.
Berlino è interessante come città. Per un tedesco di Monaco e di Amburgo è la città è quella che detiene il record di cose negative: infrastrutture più vecchie, stipendi più bassi, disoccupazione più alta. Ovviamente la sua storia va letta alla luce delle vicende del Ventesimo secolo di cui in parte è stata protagonista. Basti pensare che prima della Seconda Guerra mondiale aveva 4milioni e 800 mila abitanti e oggi ne ha 3 milioni e 800 mila. Manca ancora un milione di abitanti. Tuttora ci sono un sacco di vuoti che possiamo notare anche attraverso i numerosi cantieri impegnati nella ricostruzione di intere case e palazzi.
Trabant: l'auto simbolo del Comunismo

L’auto simbolo del Comunismo è la Trabant, chiamata la porche di cartone perché la carrozzeria si compone di cartone e stracci riciclati, pressati e induriti con delle resine, e infatti non fa ruggine, è tutto cartone. Solo che la prima serie era del 1961, l’anno in cui venne eretto il muro di Berlino e ovviamente nel ‘61 si poteva definire una bella macchina. Tra l’altro in Germania Est dicono che non ci sono i lussi come nel mondo capitalista ma ci sono dei diritti e un diritto o è uguale per tutti o non è un diritto. Quindi tutte le famiglie avevano diritto ad avere una trabant. Solo che non era l’economia di mercato a decidere quante trabant si dovevano fare, ma il piano economico quinquennale della Germania Est, il che significa che all’inizio ci volevano almeno un paio d’anni per averla dal momento della richiesta.
Simbolo di un’economia che era anche partita bene nel 1961, però non si rinnovava e ogni anno si stava sempre un po’ peggio di quello prima. Inoltre non cambieranno mai modello. Se la chiedevi nell’89 ti davano il modello del 61 perché se facevano un modello nuovo, a tutti dovevano dare un nuovo modello altrimenti ci sarebbe stata un’ingiustizia sociale e quindi rimase con lo stesso motore a miscela, 2 tempi, la stessa carrozzeria di cartone. E in un regime come quello della Germania Est le persone non si lamentavano apertamente. C’era una dittatura, c‘era paura. Non si può paragonare il Nazismo con la Repubblica Democratica Tedesca (DDR), però ovviamente era un regime, con elezioni farsa, con vendette sociali se si mostrava una qualche critica nei confronti dello stato, se qualcuno denunciava si rischiava di perdere la bella casa a Berlino centro, il lavoro borghese, i figli non potevano andare all’università. C’erano un sacco di strumenti per far paura.
E una maniera per esprimere dissenso senza dirlo chiaramente era quello di raccontare una barzelletta perché se qualcuno ride magari capisce il senso nascosto, ma non andava in galera. Una barzelletta che si raccontava a Berlino Est parla di un riccone americano che collezionava auto e voleva collezionare l’auto più esclusiva del mondo. Gli dicono che quella più esclusiva al mondo è la Trabant dal momento che ci vogliono 18 anni per averne una. Questo riccone americano la vuole a tutti i costi. Prende l’aereo e viene a Berlino Est. Ne richiede una e davanti a un riccone americano per far vedere che lo stato funzionava gliela danno subito. E appena gliela consegnano questo dice: si è vero è l’auto più esclusiva del mondo, quando ne ordini una nell’attesa ti danno il modellino di cartone.
È una barzelletta ma che ci dice tante cose: se eri un politico non dovevi aspettare per avere la macchina. Per questo era importante la Trabant perché è stato proprio un simbolo, oltre ad essere l’auto del popolo, della DDR.
Check Point Charlie

Durante il muro di Berlino c’erano 4 check points per passare dal settore americano a quello sovietico, lo stesso per il settore inglese e francese, in totale erano poco meno di 20. Gli americani avevano fatto 4 check points: Alfa, Bravo, Charlie e Delta. Erano tutti più importanti del Charlie. Charlie però era conosciuto tantissimo perché Hollywood lo usò come ambientazione per diversi film: il Ponte delle Spie, la Spia che venne dal freddo, Operazione Octopus con James Bond. E questo fa si che oggi sia un posto molto ricercato dai turisti. Le persone vengono a vedere il casottino ricostruito che rappresentava il check point americano dove c’era il soldato e il doganiere che controllava i documenti. Gli americani se ne andarono nel 1994, portandosi via anche il casottino, che oggi si trova fuori Berlino, in un museo. Solo che qui dopo la caduta del muro di Berlino ci fu un decennio di vuoto che permise l’arrivo di molti artisti. E un gruppo di studenti ricostruì il casottino iniziando a chiedere soldi per fare le foto. Poi però con il tempo è diventata una mafia. Questi avevano messo un prezzo: una foto 10 euro, 2 foto 15 euro e la polizia mise le telecamere nascoste nel 2018, si rese conto che tutti i soldi che giravano non coincidevano con la loro dichiarazione dei redditi e i furbetti si sono presi 14 anni di galera.
L’ultima cosa interessante del Check Point Charlie è la gigantografia del militare americano, uno degli ultimi che sono stati a Berlino. La leggenda metropolitana vuole che sia lui ad essere stato nell’ultimo posto di guardia e dietro di lui ce n’è un altro che è quello russo che guarda la Berlino Ovest mentre il militare americana guarda la Berlino Est . In realtà il soldato americano ha scoperto 10 anni dopo che l’avevano messo là e non ha mai fatto un posto di guardia e neanche era venuto al Check Point Charlie. Era però il trombettista della banda che ha innalzato per l’ultima volta la bandiera americana, gli hanno fatto una foto e l’hanno messo qui.
Ex-Cancelleria di Hitler
Passeggiando per Voßstraße apparentemente non c’è nulla, sembra priva di interesse da un punto di vista turistico. Tuttavia qui lavorava il numero 1 del Nazismo: si trattava della Cancelleria di Adolf Hitler, un palazzo grandissimo di 400 metri quadrati, scrivanie di 7 metri, soffitti di 12 metri di altezza. Fu distrutta dai sovietici nella Battaglia di Berlino del 1945. E dove c’era l’ufficio del Fuhrer ora c’è un ristorante cinese.
Profilo di Georg Elser

Poco più avanti c’è il profilo di un signore: è il profilo di un ragazzo che si chiamava Georg Elser. Era un falegname che per un anno e mezzo pianificò completamento solo un attentato per provare a uccidere Hitler e i capi delle SS. I nazisti avevano preso spunto da Mussolini che nel ’22 fece la marcia su Roma. Nel ’23 Hitler da Monaco voleva fare la marcia su Berlino. Fecero il colpo di stato in una birreria a Monaco ed uscirono tutti entusiasti, ma dopo 100 metri furono arrestati e mandati in galera, altri 16 uccisi dalla polizia. Hitler rimase recluso un anno, dove scriverà il Mein Kampf e progetterà come ritornare al potere nel giro di 10 anni. Una volta salito al potere, era solito commemorare i 16 eroi morti la notte dell’ 8 novembre in quella birreria a Monaco. Era solito arrivare alla stessa ora e fare un discorso di 2 ore. Georg Elser 1 anno e mezzo prima imparò a fare meccanismi di una bomba ad orologeria lavorando in un negozio di orologi a Monaco. Poi andò a lavorare in miniera e tutti i giorni rubava un grammo di dinamite. Arrivò l’8 novembre del 1939, si recò alla birreria di Monaco la sera prima, piazzò la bomba e iniziò la fuga per passare legalmente la frontiera con la Svizzera.
Hitler arrivò all’ora prevista, ma quell’anno ebbe una fortuna pazzesca perché a Berlino c’era una tempesta di vento, l’aereo non poteva atterrare e quindi prese il treno per Monaco. Parlò solo 20 minuti e se ne andò. La bomba esplose dopo 13 minuti che Hitler se n’era andato. Sono i 13 minuti che non hanno cambiato la storia del mondo. Il problema è che la sera stessa Georg Elser venne arrestato mentre stava provando a passare la frontiera con la Svizzera dopo l’attentato. Le frontiere erano supersorvegliate, lo fermarono e in tasca trovarono il biglietto della birreria della sera prima e anche dei disegni che poi si capirono essere i disegni della bomba. Lo portarono dove prima c’era la Gestapo e lo torturarono finché confessò. Tuttavia non gli credettero subito pensando che fosse una spia, perché non si capacitavano di come un falegname avesse potuto fare una così complessa da solo. Gli credettero solo quando Elser rimontò la bomba di fronte alle guardie naziste. Hitler diede l’ordine personale di non fare un processo e poi il 1 settembre era iniziata la Seconda Guerra Mondiale con l’invasione della Polonia. Era novembre e c’erano altre priorità, però ordinò di rinchiuderlo nel campo di Concentramento di Sachsenhausen, che era il campo modello della capitale nazista dando l’ordine di torturarlo il più possibile, ma senza ucciderlo con l’intenzione di fargli in un futuro un processo farsa. Il processo farsa non glielo faranno mai. Lo mandarono a Dachau, nel campo di concentramento vicino Monaco di Baviera e lo uccisero le SS agli inizi di aprile del 1945 quando le SS stavano fuggendo da Dachau perché pochi giorni dopo arrivarono gli americani e liberarono tutto. Lo tennero in vita fino alla fine uccidendolo quando sapevano che era tutto perduto.
Bunker di Hitler
Vicino al memoriale per ebrei assassinati d’Europa, si trova un parcheggio. A una profondità di cinque metri c’è il bunker in cui Hitler si suicidò insieme ad Eva Brown il 30 aprile 1945. L’ultima persona che ci è entrata è nel 1986. Da quel momento il messaggio che si vuole lanciare è che in questo luogo non c’è nulla da vedere. Se lo riaprissero si riaccenderebbe di nuovo il riflettore sul dittatore e perderebbe invece di importanza quello che oggi è importante. Qui all’angolo infatti sorge il memoriale degli ebrei assassinati in Europa costruito con l’idea di ricordare solo le vittime e la memora deve andare all’angolo non qui.
Memoriale per gli ebrei assassinati d'Europa durante il Nazismo

Questo memorale è del 2005 ed è formato da tanti blocchi che formano un labirinto in cui il turista si perde. Quando hanno chiesto all’architetto americano Peter Eisenman se c’è una chiave di lettura, lui ha risposto di no. Ognuno ha le proprie sensazioni passeggiando in mezzo a questi blocchi. È l’architettura che deve generare delle sensazioni e quindi ogni persona ha quello che sente. Ovviamente ci sono chiavi di lettura.
Alla base di questo memoriale c’è una domanda che l’architetto si fa: dei circa sei milioni di ebrei che sono stati assassinati io quanti ne conosco? Nessuno. Sono una massa anonima e un numero talmente grande che ci dimentichiamo delle persone. Quante sono 6 milioni? C’è una formula che cambia la percezione di questo. Hitler è stato 12 anni al potere in questa nazione. In ogni anno ci sono circa 500 mila minuti. Moltiplicando i 500 mila minuti per 12 anni si arriva a 6 milioni di minuti ovvero un ebreo assassinato ogni singolo minuto durante 12 anni. E già così 6 milioni prende un’altra grandezza. È un numero così elevato che è difficile dare la giusta percezione per ogni singolo e questo memoriale ci ricorda che non dobbiamo guardare la massa ma dobbiamo ricordarci dei singoli come se fossero tante tombe. Sono 2711 blocchi, quelle che entravano in questo spazio, però non c’è un nome e cognome sono totalmente anonime.
E poi ci sono altre chiavi di lettura: all’entrata i blocchi sono piccoli. Quando Hitler giunge al potere ci sono 500 mila ebrei in una popolazione di 64 milioni di abitanti, meno dell’1%. Sono state 1200 le leggi contro gli ebrei. La prima legge è: gli ebrei non possono più cantare nei cori cittadini e nessuno protestò. È così che con il supporto della propaganda di Goebbels gli ebrei vennero sempre più confinati fino alla soluzione finale. Il primo treno che partì con gli ebrei verso i campi di concentramento è del 2 giugno 1942. Hitler è al potere dal 30 gennaio del 1933. 9 anni e mezzo. I campi di concentramento erano già aperti da 9 anni e 5 mesi. Il primo campo di concentramento venne aperto dopo 1 mese, era quello di Dachau. Ma i primi ad entrare non furono per gli ebrei, ma per i dissidenti politici, i rom, gli ubriaconi.
Parlamento di Berlino - Reichstag

Quando Berlino Ovest venne murata dal Muro, il parco di fronte al Parlamento (Reichstag) diventò un grandissimo orto urbano che ha sfamato i berlinesi fino alla fine degli anni ’60. Il parlamento dietro non serviva perché rimaneva a Berlino Ovest e la capitale della Germania Ovest era Bonn. Quindi rimase abbandonato fino al 1990. Il parlamento ritornò a svolgere il suo ruolo nel 1999, perché per 16 voti di scarto con una votazione del 1991 si decise di farlo ritornare a Berlino. La decisione anche a livello simbolico non era facile. Prima di tutto era il Reichstag, il parlamento simbolo dell’imperatore prussiano; inoltre Hitler lo incendiò appositamente per dare poi la colpa ai comunisti, aprire i primi campi di concentramento ed internarvi i dissidenti politici. E quindi come si fa a tornare là? La soluzione la diede un grande architetto inglese, Norman Foster: la cupola trasparente come simbolo di democrazia. I cittadini possono salire sopra controllando i parlamentari sotto. La porta principale davanti è per i cittadini, mentre i parlamentari entrano da dietro perché devono scavalcare la cicatrice. Un’altra cosa interessante è il nome. Il nome originale è Reichstag, Parlamento Imperiale, solo che l’istituzione che ci lavora dentro è il Bundestag, che era il parlamento federale di Bonn. Quindi il palazzo ha il nome storico, mentre l’istituzione che ci lavora era il parlamento di Bonn.
Porta di Brandeburgo
La porta è la somma di tutte le tappe precedenti perché ogni epoca è stata impersonificata dalla Porta di Brandeburgo, ogni 50 anni circa è cambiata, anche se è rimasta sempre uguale, ovvero è cambiata nel significato in base all’epoca storica.
Iniziò esprimendo forza militare, non era un arco di trionfo, era una porta che dava il benvenuto ai visitatori a Berlino, da qui c’è la via principale che termina con l’Isola dei Musei e il Palazzo del Re e il Re Federico Guglielmo II, passato alla storia come l’ubriacone buono a nulla, la varcava come segno militare: “io sono talmente forte che la mia porta è spalancata. Mai un esercito potrà venire qui a causar danno”. La porta è del 1794, esattamente 10 anni dopo, nel 1804 Napoleone arrivò a Berlino e la conquistò e passando attraverso la Porta di Brandeburgo. Napoleone sapeva che questo era il simbolo di forza militare prussiana e avendo appena sconfitto la Prussia si prese come ricordo di Berlino la quadriga con i carri, i cavalli e le dea portandoli al Louvre. Da segno di forza militare prussiana, la porta senza statua divenne il simbolo della dominazione francese.
Questo fu un colpo all’onore dei tedeschi tanto che appena Napoleone lo mandarono a Sant’Elena, la prima cosa che fecero i prussiani fu di andare al Louvre, riprendersi la statua, riportarla a Berlino e rimetterla nella posizione originaria. Tuttavia cambiarono dea. Prima c’era la dea della pace e dal momento che era stata profanata da Napoleone ci misero quella che c’è oggi: Nike, la dea della vittoria greca, in onore alla vittoria contro i francesi. E ci tenevano così tanto a sottolineare questo che cambiarono il nome alla piazza in Piazza Parigi, così da calpestare la nemica. Nike guarda a sinistra, verso l’ambasciata francese che già era lì a quell’epoca. Quindi la vittoria prussiana calpesta la capitale nemica e fa una smorfia di rivincita al simbolo della Francia. Fu il grande architetto Karl Friedrich Schinkel a darle questo significato.
Poi arrivò il nazismo e qui Hitler fece la prima grande manifestazione la notte del 30 gennaio 1939 per commemorare la presa al potere. Il viale sotto i tigli si riempì di svastiche. Di nuovo la porta cambiò significato diventando simbolo del potere nazista sulla capitale e la conseguenza fu che con i bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale la porta fu distrutta divenendo simbolo della distruzione totale.
Poi ci fu il Muro di Berlino. La porta venne murata, nessuno poteva passare, al centro c’era la fascia della morte e ovviamente divenne il simbolo perfetto di un regime che costruì un muro per evitare di far scappare ad Ovest le persone. La porta di Brandeburgo si trovava al centro tra il primo muro e l’ultimo muro. Decisero di non abbatterla perché era un monumento nazionale. Quando la notte del 9 novembre 1989 cadde il muro di Berlino, uno dei primi segmenti a crollare fu proprio quello davanti alla Porta di Brandeburgo che fu riaperta. Per questo oggi la Porta di Brandeburgo è così importante per i tedeschi, non solo perché ha impersonificato tutte le fasi storiche tedesche, ma perché rappresenta oggi la liberazione ritrovata.