
La prima impressione appena si arriva a Varsavia è quella di una città che racchiude in sé due anime, quella liberale dei paesi europei occidentali e quella conservatrice dell’Europa dell’Est. Varsavia è una città bella e difficile allo stesso tempo. Sembra quasi forgiata da un guscio corazzato a difesa di tradizioni, luoghi e memoria. L’unico modo per scoprire questo tesoro è quello di capire la sua storia e gli avvenimenti che hanno segnato profondamente il popolo polacco.
La prima parte del viaggio percorre la Via Reale, una parte molto prestigiosa e importante per la storia contemporanea di Varsavia, mentre la seconda parte è dedicata alla Città Vecchia.
Via Reale
Pittura di Bernardo Bellotto (Canaletto)
Vicino al Monumento di Niccolò Copernico di fronte al Palazzo Staszic, sede dell’Accademia polacca delle scienze, si trova una pittura di Bernardo Bellotto conosciuto anche come Canaletto. In realtà esistevano due persone note con il nome di Canaletto: lo zio Giovanni Antonio Canal, il famoso paesaggista di Venezia e il nipote, che realizzò diverse tele sulle vedute di Varsavia intorno alla metà del 1700. Quella al centro della città apparteneva al secondo.
Bernardo Bellotto, conosciuto come Canaletto, era italiano e nel secolo XVIII decise di uscire dal suo paese di origine e andare in Polonia dove fu assunto dall’ultimo re polacco Stanislao II Augusto Poniatowski. Canaletto dipinse una serie di paesaggi della città di Varsavia nel secolo XVIII. Queste pitture sopravvissero sia alla prima che alla seconda guerra mondiale. Alla fine del secondo conflitto, quando circa l’85% della città era distrutta e Varsavia quasi scomparsa, i polacchi decisero che la loro città doveva essere ricostruita. Tuttavia c’era una problema: gli archivi presero fuoco, i film non esistevano quasi più, le fotografie erano andate perse. I tedeschi avevano saccheggiato la città prima di distruggerla e tutto ciò che aveva qualche valore lo presero. In assenza di documenti, si decise di avvalersi delle pitture del Canaletto risalenti al XVIII secolo ma ricche di dettagli come fonte d’ispirazione per ricostruire la città di Varsavia.

Fryderyk Chopin
Tra i personaggi famosi che la Polonia annovera ricordiamo la scienziata Marie Curie, Papa Giovanni Paolo II, il musicista Fryderyk Chopin, il politico Lech Walesa, leader di Solidarność, che guidò il popolo alla lotta contro il comunismo, favorendo la transizione della Polonia e del blocco centrale e orientale dal comunismo alla democrazia.
Di tutte queste persone, l’unica che nacque a Varsavia fu Marie Curie, mentre quella più conosciuta fu Chopin. Chopin nacque a Żelazowa Wola a 50 km da Varsavia da madre appartenente alla nobiltà polacca e da padre francese, da qui il cognome francese. Quando Chopin aveva 6 mesi la famiglia decise di trasferirsi a Varsavia perché il padre era professore di lingua e letteratura francese e a Varsavia avrebbe avuto più opportunità lavorative. Crebbe e rimase qui fino all’età di 20 anni vivendo anche nel Palazzo Sassone. Chopin compose la sua prima musica a 5 anni di età senza sapere né leggere né scrivere. In maniera naturale suonava il pianoforte mentre lo zio scriveva le note. A 7 anni ebbe il suo primo concerto come bambino prodigio a Varsavia. All’età di 20 anni partì per il Grand Tour. Durante il rinascimento i ricchi mandavano i figli in viaggio per l’Europa. I giovani viaggiavano per Francia, Italia, Germania e Inghilterra per conoscerne la cultura. Lo stesso fece Chopin che tuttavia rimase in Francia senza fare più ritorno in Polonia. Il motivo della scelta era legato alla storia di Varsavia. Nel secolo XVIII la Polonia cessò di esistere. Dopo di essere stato un impero polacco-lituano nel 1795 i 3 vicini, l’Impero Russo, il Regno di Prussia e l’Impero d’Austria invasero la Polonia e la divisero in 3 parti dando avvio all’epoca conosciuta come Spartizioni della Polonia. Varsavia finì sotto il controllo dei russi.


Negli ultimi 300 anni Varsavia è quasi sempre rimasta sotto il controllo dei russi. Questo succedeva quando Chopin era ancora in vita. Le conseguenze non tardarono ad arrivare: nelle Università aperte dai russi nel 1816 il polacco era proibito. Chopin e la sua famiglia erano attivi membri del Movimento a favore dell’indipendenza, quando Chopin uscì per il Grand Tour, qualche giorno dopo nel 1830 iniziò una violenta rivolta dei polacchi contro lo zar di Russia. La situazione politica era così grave che non solo Chopin ma tutta un’ondata di giovani intellettuali decisero di emigrare. I russi stavano russificando la Polonia. Quando Chopin era in Francia sul letto della morte, sua sorella lo andò a trovare, e dopo il decesso decise di prendere il suo cuore e portarlo a Varsavia. Lo zar di Russia non diede il permesso per riportare il corpo di Chopin in Polonia, perché poteva essere visto come una manifestazione pro-indipendentista. Ciò che stava facendo era illegale. Chiese ai medici di asportare il cuore, metterlo in un vaso e riempirlo di vodka. e con questo cuore viaggiò da Parigi a Varsavia. La leggenda narra che alla frontiera dovette nasconderlo nell’unico luogo sicuro per una donna di quei tempi, la gonna, per poter passare i controlli dei soldati russi. Ill cuore è conservato oggi nella Chiesa della Santa Croce e dopo uno studio del DNA fatto dall’Università di Granada, c’è la certezza che il cuore appartiene al pianista.
Plac Marszałka Józefa Piłsudskiego
A differenza di Varsavia, Cracovia non subì danni durante la Seconda Guerra Mondiale perché essendo stata nominata capitale dei nazisti non fu bombardata. Varsavia si distingue dall’altra città perché è molto eclettica, mescola molti simili e Plac Marszałka Józefa Piłsudskiego ne è un esempio. Qui si può vedere l’imponente Sofitel, un albergo in stile moderno degli anni 70. In lontananza la Varso Tower, il grattacielo più alto d’Europa e i Giardini Sassoni del secolo XVIII al cui ingresso si trova la tomba del soldato sconosciuto che inizialmente si trovava nell’antico Palazzo Sassone.
La famiglia di Chopin per un periodo si trasferì al Palazzo Sassone, uno degli edifici più caratteristici della Varsavia prebellica. I tedeschi lo distrussero durante la Seconda Guerra Mondiale. A seguito dell’insurrezione dei Varsavia, i nazisti lo fecero saltare in aria con dinamite e detonatori. Questo palazzo non è stato ricostruito, ma c’è una parte che sopravvisse originale, la tomba del soldato sconosciuto dell’anno 1925 quindi. Il motivo per cui i tedeschi non distrussero questa parte continua ad essere un mistero, anche se la teoria più accreditata è che in una guerra un soldato rispetta l’uniforme e la tomba dell’altro soldato.
Quando vengono personalità illustri a Varsavia, parte del protocollo diplomatico prevede di recarsi alla tomba del soldato sconosciuto e lasciare fiori. Qui si festeggia il giorno dell’indipendenza, l’11 novembre e il 15 agosto, che non è solo una festa religiosa come in altri paesi, ma a Varsavia si commemora anche il giorno dell’esercito polacco, perché ad agosto 1920 ebbe la luogo la Battaglia del Vistola tra i bolscevichi e i polacchi con la vittoria di quest’ultimo.



Palazzo Presidenziale a Varsavia

Il Palazzo Presidenziale di Varsavia è uno dei pochi edifici originali rimasti. Non fu distrutto dai tedeschi durante la guerra perché veniva usato dagli stessi come casino “casino nur für Deutsch”, casino solo per tedeschi. Quando nel gennaio 1995 arrivarono i russi, i tedeschi abbandonarono in fretta la struttura che è rimasta intatta fino ad oggi.
In questo edificio avvennero 3 fatti molto importanti per la storia contemporanea della Polonia.
Qui furono firmati gli Accordi della Tavola Rotonda dal 6 febbraio al 4 aprile 1989. La Polonia, dopo la Seconda Guerra Mondiale divenne un satellite dell’URSS, un paese comunista come Repubblica Ceca, Slovacchia, Ungheria. I polacchi non scelsero il comunismo ma i russi glielo imposero. Le manifestazioni contro il comunismo cominciarono già negli anni ‘50 ma arrivarono alla loro massima intensità negli anni ‘80 quando nacque il sindacato Solidarność di Lech Walesa.
Nel 1989 il paese versava in una condizione politica e sociale critica. Gli scioperi operai si fecero più forti, il paese era in bancarotta e l’inflazione alta. Di conseguenza il governo comunista si riunì con i rappresentanti di Solidarność in questo palazzo per discutere sulle sorti della Polonia. Per l’occasione un gruppo di carpentieri realizzò una tavola rotonda in legno, con l’obiettivo di dare la stessa importanza ad ogni partecipante alla trattativa. Le negoziazioni durarono dal 6 febbraio 1989 al 4 aprile 1989 diversi giorni fino all’accordo finale che cambiò le sorti della Polonia: la convocazioni delle elezioni democratiche per la prima volta dopo la Secondo Guerra Mondiale il giorno 4 giugno 1989. Le elezioni decretarono una vittoria quasi totale di Solidarność. La Polonia così, fu il primo paese del blocco dell’Est che entrò nella transizione verso la democrazia prima della caduta del muro di Berlino, il 9 novembre 1989.
Nel 1997 in questo palazzo fu firmato l’accesso della Polonia alla NATO, un avvenimento cruciale per il destino geo-politico della Polonia dopo circa 40 anni di influenza sovietica.
Sempre in questo Palazzo la Polonia firmò l’accesso all’Unione Europea nell’anno 2004. A differenza di altri paesi, ancora non ha l’euro come moneta ma lo zloty. Questo perché quando entrò nella UE era un paese povero e lasciare entrare uno stato di 40 milioni di persone con una economia instabile nella zona euro era troppo rischioso. Quindi gli diedero un tempo di adattamento al fine di diminuire i debiti verso l’estero e il debito pubblico. Purtroppo la crisi mondiale del 2007 ha posticipato ulteriormente l’entrata della Polonia in zona euro. Vedremo nei prossimi anni se le correnti politiche interne permetteranno al paese quest’ulteriore passo.
Casa di Marie Curie

Marie Curie nacque a Varsavia nella Via ul krakowskie przedmieście, al civico 66, c’è un’insegna a lei dedicata che riporta il nome Maria Curie Sklodowska. Sklodowska era il nome di famiglia, nacque a Varsavia, qui frequentò il collegio e prese il diploma, dopo di che tentò la sorte cercando di iscriversi all’Università di Cracovia, ma fu rifiutata perché era donna. Nel XVIII le donne non avevano il diritto agli studi universitari, quindi andò a lavorare e il suo primo lavoro si trovava proprio in questa casa. Fu un laboratorio di chimica e qui si appassionò di scienza. Lavorò per 4 anni, prima nel laboratorio, successivamente come professoressa e infine, quando aveva sufficiente denaro, a 24 anni se ne andò a Parigi dove entrò alla Sorbona, la famosa università in cui fu ammessa senza problema.
Fu lì che conobbe Pierre Curie, professore con cattedrale di matematica. Marie era una sua studente. Si innamorarono e si sposarono qualche mese dopo. Per questo Marie Curie è conosciuta in tutto il mondo per il cognome del marito, mentre a Varsavia è più frequente chiamarla per il cognome di famiglia Sklodowska. Nel 1903 vinsero il Premio Nobel in fisica perché entrambi stavano lavorando in un laboratorio cercando di descrivere le leggi della radiazione. Lavoravano con l’uranio, però si resero conto che l’uranio non era puro, ma composto da più elementi chimici radioattivi. Ne scoprirono due: il radio e il pollonio. Il nome polonio era un chiaro riferimento alla Polonia che tuttavia in quegli anni non esisteva. Erano infatti gli anni della Spartizione e Varsavia era sotto l’orbita russa, di conseguenza chiamare un elemento con un nome polacco fu un’aperta dichiarazione politica.
Qualche anno dopo il marito Pierre morì e lei rimase vedova, tuttavia continuò il lavoro e nel 1911 vinse il secondo premio Nobel, questa volta in chimica e questa volta individuale, perché prima lo vinse come coppia. Marie Curie fu la prima donna della storia ad essere insignita di questo premio. E’ stata la prima persona e unica donna della storia fino ad oggi a vincere due premi Nobel in due campi differenti: uno in fisica e uno in chimica. Fu anche la prima donna dell’Università della Sorbona a ricevere il titolo di Professoressa, perché dopo la morte di Pierre lei prese la cattedra di matematica. Fu anche una delle prime donne in Europa ad ottenere la patente di guida. Marie Curie sapeva guidare e durante la prima guerra mondiale si rese conto che i soldati francesi morivano non perché la medicina non sapeva curarli ma perché gli ospedali erano troppo lontani. Con il denaro del suo secondo premio Nobel comprò un furgoncino, installò un apparato raggi X che lei stessa disegnò e condusse il furgoncino fino alla frontiera della Prima Guerra Mondiale per fare radiografie ai soldati salvandogli tempestivamente la vita. Oggi giorno si dice che queste dosi di raggi con cui fu a contatto durante la guerra furono la causa principale della sua malattia e della sua morte dal momento che ancora non era a conoscenza degli effetti nocivi della radiazione.
Marie Curie ebbe due figlie: Irene la figlia maggiore e Ève la minore. Irene dedicò la sua vita alla scienza. Conobbe suo marito nella facoltà, come la madre. Nel 1925 vinse il Premio Nobel in chimica insieme a suo marito, come la madre.
Ève invece era una donna di lettere, giornalista, scrittrice, pianista, corrispondente di guerra, e come tale non arrivò a vincere il Premio Nobel. Tuttavia lei lavorava anche con l’Unicef per i bambini e si sposò con il Presidente dell’associazione, il signor Labouisse, motivo per cui aveva due cognomi: Ève Denise Curie Labouisse. Nel 1965 il premio Nobel per la pace lo vinse l’Unicef come organizzazione e il delegato per l’Unicef fu Ève Denise Curie Labouisse, figlia di Marie Curie, sorella di Eva Curie e sposa del Presidente dell’organizzazione.
Città Vecchia
Colonna di Sigismondo III Wasa

Con la Colonna di Sigismondo III Wasa termina la visita della Via Reale. Si chiamava Via Reale perché univa il Castello Reale di Varsavia, oggi ricostruito, con i palazzi privati del re, erano due: il Palazzo del Giardino Reale e Palazzo Wilanów. Si chiamava rotta reale anche perché univa Cracovia con Varsavia e quando il re decise che Varsavia sarebbe diventata la nuova capitale nel 1596 la raggiunse attraverso la Via Reale. Il Re che ne decise il trasferimento fu Sigismondo III Wasa, a cui è dedicata la colonna. Wasa non era un cognome polacco ma svizzero, perché era figlio del re di Svezia e della principessa polacca Caterina Jagellone. Nel XVI secolo la Polonia si unì con la Lituania nel doppio impero polacco-lituano. Tuttavia il re polacco morì senza avere figli, quindi ci fu un periodo in cui il paese non ebbe regnanti. La nobiltà decise che Sigismondo III Wasa, con sangue polacco fosse il miglior candidato. Sigismondo divenne quindi re polacco-lituano e re di Svezia. Purtroppo fu uno dei peggiori re della storia polacca dal momento che era più interessato agli affari della corona svedese, tanto da lasciare il paese in completa bancarotta. A causa della cattiva politica internazionale la Polonia fu invasa dai russi e dai turchi dell’impero ottomano. Sigismondo decise di trasferire la capitale della Polonia da Cracovia a Varsavia per una questione logistica e strategica data la posizione centrale di quest’ultima.
La colonna raffigura il re Sigismondo che nella mano porta una croce e nell’altra una spada, simbolo della protezione della religione. Questo perché gli svedesi erano protestanti, i russi erano ortodossi e i turchi erano musulmani, mentre la Polonia nel secolo XVI rimase uno degli ultimi paesi di questa zona che tuttavia difendeva la religione cattolica e il papa nel Vaticano. La religione è importantissima per i polacchi, nell’ultimo censimento ufficiale nel 2011, il 94% della popolazione polacca ha dichiarato di essere cattolica
La Basilica Cattedrale del Martirio di San Giovanni Battista, Piazza Kanonia
La Basilica Cattedrale del Martirio di San Giovanni Battista, non è originale, solo una parte dell’altare si salvò durante il conflitto. Dietro la cattedrale nell’area in cui oggi sorge Piazza Kanonia c’era il cimitero perché in epoca medievale, quando nacque la città nel secolo XIII-XIV, i cimiteri erano sempre vicino alle parrocchie. Nel secolo XVIII ci si rese conto che sotterrare i corpi vicino al centro della città non era salubre e quindi il cimitero fu messo fuori e al suo posto oggi sorge Piazza Kanonia. Il nome deriva dai canonici, i sacerdoti che vivevano qui. Si tratta di un quartiere religioso della città vecchia e tutte queste case fino al secolo XVII-XVIII appartenevano alla curia. Ciò che è interessante di questa piazza è l’entrata di un’abitazione: è la casa con la facciata più stretta della città, circa 1,20 m di larghezza. La città di Varsavia nacque alla fine del secolo XIII ed era una città in cui l’economia si basava sul commercio. C’era il palazzo reale, i nobili, i principi, però chi realmente governava era il sindaco e la giunta amministrativa della città. Mentre la gente che viveva qui si dedicava al commercio, erano per lo più artigiani o commercianti. Al fine di mantenere la città pulita e sicura l’amministrazione impose il pagamento di imposte ai proprietari delle case ma non in base all’altezza e alla grandezza delle case ma alla larghezza dell’entrata delle abitazioni. Per questo la maggior parte delle città come anche ad Amsterdam o Venezia hanno entrate molto strette, gli abitanti volevano risparmiare su questo tipo di imposte.



Il fiume Vistola

La città è attraversata da un fiume, La Vistola, la regina dei fiumi, perché i polacchi la considerano come la madre: è il fiume più lungo della Polonia e si estende per una superficie di ben 1047 km. Nasce nelle montagne perché la Polonia è un paese inclinato che si sviluppa con le montagne a sud, le colline, le pianure e infine il Mar Baltico a nord dove sfociano la maggior parte dei fiumi polacchi che dalla montagna scendono verso nord come anche la Vistola.
La Vistola rappresenta il motivo stesso della nascita di Varsavia, perché questa non è una città antica come quelle romane. Le origini risalgono alla fine del secolo XIII, con i duchi di Masovia che decisero di porre qui le basi perché il fiume rappresentava una rotta commerciale importante. Lungo La Vistola passavano carri e sul fiume viaggiavano barche con gente e beni di ogni tipo. Avere una città qui significava controllare il trasporto fluviale. Durante il XVII i prodotti che la Polonia produceva per poi vendere ai vicini olandesi e tedeschi erano inizialmente sale e successivamente grano. Polonia e Lituania erano considerati i granai d’Europa. C’erano ottime condizioni per l’agricoltura e manodopera gratuita, i contadini lavoravano gratuitamente per i nobili nei grandi latifondi.
Tuttavia nel secolo XVIII l’Europa fu impegnata nelle Guerre di Successione, che furono tre: spagnola (1702-1714), polacca (1733-1738), austriaca (1740-1748). I tedeschi chiusero i porti e questa via naturale del commercio lo stesso si interruppe. C’era molto grano accumulato e occorreva utilizzarlo. I nobili decisero quindi di convertire il grano di pata e di segala in vodka. Non occorrevano infrastrutture ma solo la materia prima. La produzione di vodka iniziò nel XVIII e divenne così importante negli anni seguenti da renderla uno dei tratti distintivi della Polonia. Nel 2013 la “vodka polacca” è stata denominata prodotto a denominazione di origine protetta (IGP).
Il quartiere che si trova al di là della Vistola si chiama Praga, come la capitale della Repubblica Ceca, ma non ha nulla a che vedere con questa. Praga è un quartiere con una fama negativa e conosciuto come uno dei più pericolosi di Varsavia. E’ un quartiere post-operaio, boheme, artistico, autentico e con molto carattere. L’80% degli edifici a Praga sono originali, i tedeschi non riuscirono a distruggerlo. Per questo i registi usano le strade di Praga come set per i loro film. E’ il caso de “Il Pianista” di Roman Polański che racconta la storia vera di Władysław Szpilman, un pianista polacco ebreo che sopravvisse all’Olocausto nascondendosi in casa di amici e dopo visse nelle rovine di Varsavia fino alla liberazione nel gennaio 1945. Polanski girò il film nelle strade di Praga.
Varsavia ha circa 2 milioni di abitanti e si estende per una superficie di 517 km². E’ una città molto grande che dopo la distruzione della Second Guerra Mondiale fu ricostruita sotto il regime dei comunisti secondo nuove disposizioni architettoniche. E’ una città così grande che Giovanni Paolo II nel 1992 decise che doveva tenere 2 cattedrali: la Cattedrale di San Giovanni Battista nel lato della città vecchia e la cattedrale di San Floriano nel quartiere Praga. Poche città nel mondo hanno due cattedrali e due vescovi.
Piazza del Mercato
La Piazza del Mercato era il cuore della città, qui si trovava il comune, l’edificio che ora non esiste più, e tutt’ intorno le botteghe dei commercianti. Al centro c’è una sirena, simbolo di Varsavia. Nulla è originale di questa piazza, il centro storico fu completamente distrutto durante la Seconda Guerra Mondiale. La Seconda Guerra Mondiale iniziò il 1 settembre 1939. Dal giorno successivo fino al 27 settembre 1939 il 15% della città di Varsavia cessò di esistere a causa dei bombardamenti della Luftwaffe. Successivamente, nel 1940, i tedeschi divisero Varsavia in 3 quartieri che non avevano accesso tra di loro: il quartiere polacco, tedesco ed ebreo.
Quest’ultimo nel giro di poco tempo si convertì nel ghetto ebraico dal quale non si poteva uscire. Nei primi anni del XX secolo Varsavia era la capitale europea degli ebrei. Un terzo della popolazione varsaviana era ebrea. Fino agli anni ’30 del XX secolo circa 400 mila ebrei vivevano in questa città. Oggi ne sono rimasti solo 2500 solo a Varsavia, 20 mila in tutto il paese. La Polonia perse tutta la popolazione ebrea non solo per l’Olocausto ma anche per la politica comunista post-bellica, perché i comunisti polacchi dovevano appoggiare i russi nella guerra contro Israele: E l’URSS che sosteneva i paesi arabi considerava Israele nemica dello stato comunista. Solo per il fatto di essere ebrei furono attaccati dai comunisti e dovettero emigrare negli anni ‘50 e ‘60.
La maggioranza degli ebrei di Varsavia persero la vita nelle camere a gas del campo di sterminio di Treblinka. Altri per fame e malattie. Nel 1943 restarono solo i giovani nel ghetto, le donne e gli anziani non vivevano più lì. Ragazzi di circa 20 anni decisero di imbracciare le armi preferendo la morte in un combattimento contro il nemico che le camere a gas e dando vita a quello che passò alla storia con il nome di Rivolta del ghetto di Varsavia. L’insurrezione durò dal 19 aprile al 16 maggio 1943 e i tedeschi per ripremerla usarono lanciafiamme e gas asfissianti, bruciando direttamente il ghetto. Gli ebrei uccisi furono circa 13.000, quelli deportati 42.000 e un’ulteriore 30% della città di Varsavia fu raso al suolo.
Un anno dopo la rivolta degli ebrei ci fu il sollevamento del resto della società, la rivolta di Varsavia, e i tedeschi la soffocarono finendo per uccidere e deportare gli insorti quartiere per quartiere e infine riducendo in macerie il 40% della città.
Secondo gli storici, alla fine della Seconda Guerra Mondiale l’85% di Varsavia non esisteva più, ridotto in un cumulo di macerie. Il centro storico fu quello più danneggiato. Dopo il conflitto arrivarono nella capitale delegati di diversi paesi tra cui gli USA per capire cosa fare del cumulo di macerie. Qualcuno raccomandò di spostare la città in un’altra zona perché lo sgombero dei ruderi poteva impiegare anche 60 anni. Tuttavia i russi che giunsero a Varsavia spingendo i tedeschi alla ritirata finale, consideravano Varsavia una città simbolo. Si era infatti ribellata per ben due volte al paese invasore. Di conseguenza Stalin fece tutto il possibile affinché la città fosse ricostruita e utilizzandola come mezzo propagandistico. I lavori iniziarono alla fine degli anni ’40. Piazza del Mercato fu ricostruita in soli 2 anni, dal 1951 al 1953, mentre il resto del centro storico dal 1953 al 1957. L’impegno e il lavoro svolto nella ricostruzione portarono la città ad essere dichiarata nel 1980 dall’Unesco: Patrimonio Mondiale dell’Umanità.



La sirena di Varsavia

La sirena è il simbolo di Varsavia. In questa parete si possono vedere i medaglioni circolari con i disegni che raccontano l’evoluzione storica dello scudo di Varsavia che è la sirena. Il primo apparteneva all’epoca medievale, la seconda era nel siglo XVIII. La terza fatta in epoca moderna sembra più simile a quella attuale. La quarta è la sirena attuale: lo scudo ufficiale della città.
La domanda sorge spontanea: cosa fa una sirena in una città che non ha il mare? In realtà è una sirena di fiume. Secondo la leggenda non era sola, erano due sorelle che vivevano nel mare Baltico e viaggiavano. Finché un giorno la sorella maggiore si stufò e decise di riposarsi. Incontrò una pietra in riva al mare, si sedette e rimase lì. E’ la sirena di Copenaghen, simbolo della capitale di Danimarca. La sorella minore fu molto più avventurosa e decise di continuare a nuotare fino quando vide La Vistola. Risalì il fiume contro corrente per molti giorni finché vide le torri della città di Varsavia. Gli piacque così tanto il paesaggio che decise di rimanere. La sirena viveva in una grotta in riva al fiume e tutte le mattine usciva per accompagnare i pescatori alleviandogli il dolore e la stanchezza con il canto grazie alla sua voce angelica.
Un giorno mentre cantava in riva al mare la vide un uomo d’affari della città vecchia che decise di rapirla e usarla come mezzo di guadagno. Nei fine settimana l’uomo cattivo viaggiava portando con sé la sirena esponendola al pubblico e obbligandola a cantare. La sirena era molto triste. Un giorno un giovane ragazzo stava passeggiando per la città vecchia quando udì una ragazza piangere. Si avvicinò e scoprì che era una sirena. Se ne innamorò e decise di salvarla. Una notte la raggiunse, la prese in braccio, scese la collina e la restituì alle acque del fiume. Come gesto di ringraziamento la sirena decise di rimanere nella Vistola ergendosi a protettrice e scudo ufficiale della città di Varsavia.
Statua del piccolo insorto
La Statua del piccolo insorto raffigura un bambino che indossa un paio di stivali che gli stanno grandi, un casco tedesco rubato e una pistola rifle. La statua fu eretta per commemorare la rivolta di Varsavia del 1944 e l’intento dell’artista era di rendere omaggio a tutta una generazione che invece di giocare alla guerra dovette viverla realmente perdendo la propria innocenza e la propria infanzia. Il 1 giugno che in Polonia è la Giornata Internazionale del Bambino, qui di fronte vengono montate installazioni artistiche e molti pongono peluche, mappamondi e altri tipi di giochi per ricordare simbolicamente l’infanzia al bambino insorto. Durante la rivolta i bambini di questa età trasportavano informazioni facendo la staffetta e aiutavano gli infermieri preparando bende. I bambini di 14-15 anni sabotavano i tedeschi. Solo gli adolescenti dai 16 anni in su avevano armi e munizioni.
Per capire ciò che fu la rivolta di Varsavia occorre tornare all’anno 1939 quando i Ministri degli Esteri Ribbentrop (Germania) e Molotov (URSS) il 23 agosto 1939 firmarono l’accordo che prevedeva un patto di non aggressione tra i due paesi. Parte del patto parlava della divisione della Polonia tra di loro. Il 1 settembre 1939 la Germania nazista invase la Polonia da ovest. Il 17 di settembre l’URSS invase la Polonia da est. Il paese fu diviso in due e cominciò la doppia occupazione.
Nell’anno 1941 Hitler ruppe tutte le sue promesse perché il 22 giugno 1941 invase l’URSS spingendo quest’ultima ad allearsi con Francia, Inghilterra e USA. Per i polacchi la situazione era ambivalente perché da un lato consideravano positivamente il fatto di allearsi con i russi contro i tedeschi. Dall’altro erano consapevoli che in caso di vittoria dei sovietici, Stalin avrebbe chiesto in cambio qualcosa.
Nel 1944 le truppe dei sovietici si stavano avvicinando a Varsavia. Secondo ricostruzioni storiche il popolo varsaviano decise che il 1 agosto 1944 era il momento di agire. Si stavano preparando da mesi, ma cercavano il momento migliore. E nell’estate 1944 i tedeschi erano già indeboliti e i russi erano alle porte. L’idea era quella di un’insurrezione rapida di 3 giorni con lo scopo di sconfiggere i tedeschi a Varsavia e aspettare già vittoriosi i russi senza permettergli la propria supremazia in un secondo momento. La rivolta iniziò il 1 agosto 1944, sarebbe dovuta durare 3 giorni, e invece ne 63 giorni fino al 2 ottobre 1944.
Nei 63 giorni di rivolta 250 mila cittadini persero la vita, i sopravvissuti furono costretti a lasciare i loro averi e ripartiti tra i vari campi di concentramento della Polonia. L’ordine di Heinrich Himmler era chiaro:
«Ogni abitante deve essere ucciso, senza fare prigionieri. Che la città sia rasa al suolo e resti come terribile esempio per l’intera Europa.»
Varsavia rimase deserta. Władysław Władek Szpilman, l’uomo ebreo che si nascose tra le macerie di Varsavia e che ispirò il film “Il Pianista” fece qualcosa di illegale perché nessuno doveva rimanere nella capitale. Quando il 2 di ottobre i tedeschi sgombrarono tutta la città, prima entrarono casa per saccheggiando tutto, dopo armati di lanciafiamme e dinamite la bruciarono completamente
Vari sono i motivi che gli storici adducono alla sconfitta della rivolta. Il popolo varsaviano pensava che Hitler invece di interessarsi a Varsavia si sarebbe interessato alla difesa di Berlino. Non era così, per la propaganda era molto importante soffocare l’insurrezione perché in caso contrario, gli altri territori sotto il dominio tedesco avrebbero potuto fare lo stesso. In secondo luogo, gli insorti era ragazzi giovani che non avevano mai ricevuto un allenamento militare ma lavoravano per cospirare. Le munizioni erano per 3 giorni, non per 63. Si calcola che ogni 10 insorti c’era una pistola. Al terzo giorno di rivolta, già si sapeva che non sarebbe finita come sperato. Ma i sovietici entrarono nel quartiere Praga al di là della Vistola a settembre 1944, e quindi il popolo sperava in un intervento russo che non arrivò mai. La rivolta terminò il 2 di ottobre 1944. I russi entrarono a Varsavia liberandola dalle truppe tedesche il 17 gennaio del 1945. I tedeschi ebbero 4 mesi per distruggere la città. Anche in questo caso secondo alcune correnti storiografiche ci fu l’intento preciso delle forze alleate di attendere fino alla fine prima di entrare vittoriosi in una città ormai inesistente.
Il Museo dell’Insurrezione ripercorre nel dettaglio i giorni della rivolta, permettendo di riflettere su questo triste e allo stesso tempo eroico capitolo della storia polacca.



Varsavia non è una città facile e secondo alcuni non è una città bella. Ma la vera bellezza di Varsavia non si trova nell’estetica delle sue facciate. Si deve cercare nella sua storia e nel carattere della sua gente. Un popolo che nonostante essere stato occupato da potenze straniere, per ben 4 volte tra il XIX e il XX secolo ha reagito per difendere la loro terra e la loro libertà e conferendo a Varsavia l’aspetto e la gloria che vediamo noi oggi: la città fenice ricostruita dalle sue ceneri, multietnica e rispettosa del proprio passato.