Camini delle Fate, Cappadocia

Ho svolto questo viaggio in veste di tour leader accompagnando un gruppo di 16 persone tra i 25 e i 40 anni. Si tratta di un viaggio intenso che permette di esplorare diverse sfaccettature della Turchia sia da un punto di vista storico-culturale che paesaggistico. Si passa infatti dalla ricca e multiforme città di Istanbul ai resti della cittadella di Ankara, per poi immergersi nei paesaggi mozzafiato della Cappadocia e terminare il giro con una visita ai siti archeologici di Hierapolis, Afrodisia ed Efeso. Il calore delle persone, specialmente nelle città costiere di Istanbul e Izmir da secoli crocevia di popoli e culture, i colori, i profumi fanno della Turchia il luogo dove tradizione e innovazione si mescolano dando vita ad un paese alla costante ricerca di un equilibrio tra ambizioni e contraddizioni.

GIORNO 1 - Istanbul

IPPODROMO

Iniziamo la visita partendo dal dal vecchio Ippodromo che fu costruito da Settimio Severo nel II secolo d.C., prendendo come modello il Circo Massimo di Roma e secondo solo a questo. Aveva una lunghezza di 500 metri giungendo fino al mare e una larghezza di 114 metri ed era diviso in due corsie dalla Spina, una sorta di barriera posta al centro dell’Ippodromo e costituita da numerosi monumenti. Dell’antico ippodromo bizantino rimangono pochi resti, tra cui l’Obelisco di Teodosio, l’Obelisco di Costantino e la Colonna  Serpentiforme di Delfi.

L’Obelisco di Teodosio venne eretto dal faraone egiziano Tutmosi III e faceva parte del complesso templare di Karnak sulla riva destra del Nilo. Su ogni facciata si vede il Dio Amon-Ra seduto sul trono e di fronte una persona inginocchiata, il faraone Thutmosi III. Nel geroglifico c’è il ringraziamento del faraone che ha governato per 30 anni avendo sempre vittorie. Su volere dell’imperatore romano Teodosio I l’obelisco venne fatto trasportare a Costantinopoli nel 390. Una volta arrivato al porto turco fu lasciato lì per 90 giorni affinché fosse costruito il basamento. In tutti e 4 i lati del basamento viene raffigurato l’imperatore in momenti diversi: con i propri familiari, mentre assiste all’erezione dell’obelisco, mentre incorona i vincitori della corsa delle quadrighe e infine quando riceve l’omaggio dei nemici vinti. Sotto quest’ultima raffigurazione si trova l’iscrizione in latino, la lingua del governo, e in greco, la lingua del popolo,  ad indicare l’appartenenza di quella terra all’impero romano.

L’Obelisco in muratura di Costantino Porfirogenito rappresentava il centro della Spina dell’Ippodromo. E’ così chiamato perché in alto portava la statua di Costantino. Si tratta di una colonna costruita con pietre murate tra loro. Un tempo erano rivestite da lastre di bronzo argentato che sono state spogliate intorno al 1200 durante la quarta crociata. I crociati dovevano realizzare lunghi viaggi, a Costantinopoli si fermarono per 50 anni. Di conseguenza avevano costantemente bisogno di soldi. Tutto quello che potevano convertire in moneta lo fusero. E la stessa cosa successe quando videro l’obelisco bianco. Scambiarono il bronzo argentato per argento e lo saccheggiarono rovinando la colonna e rimanendo con un pugno di mosche in mano.

Un altro monumento che si può ammirare è la Colonna serpentina nota anche come Tripode di Delfi o Tripode di Platea. Si tratta di un obelisco fatto erigere per commemorare la vittoria di città-stato greche alleate contro l’impero persiano nel 479 a.C. Originariamente collocata a Delfi, fu trasferita a Costantinopoli nel 324 d.C. In cima alla colonna i greci fecero costruire 3 teste di serpente che rimasero intatte fino alla fine del XVII. Di queste, attualmente una si trova al Museo Archeologico di Istanbul; le altre due risultavano disperse fino all’anno scorso quando un’altra testa è stata esposta al British Museum.

MOSCHEA BLU

Dal centro dell’Ippodromo raggiungiamo la Moschea Blu, o così come la chiamiamo noi occidentali per le 21.043 piastrelle di ceramica turchese. La gente del luogo la chiama Sultanahmet, dal nome del sultano che ne finanziò la costruzione nel 1609 e che da il nome alla piazza. Il sultano Ahmed I per riaffermare il potere ottomano contro i persiani decise di costruire una grande moschea vicino al palazzo imperiale, la prima moschea imperiale dopo quella di Solimano eretta quarant’anni prima. Si distingueva per i suoi 6 minareti, numero  di gran lunga superiore a quelli delle altre moschee presenti a Istanbul al momento della costruzione. La porta centrale della Moschea, come tutte, si apre in direzione della Mecca. In cima ci sono delle iscrizioni dorate su sfondo verde. Il verde per i musulmani è un colore religioso che simboleggia il paradiso.  Si tratta di versetti del corano scritti con l’alfabeto arabo di cui i turchi non conoscono né la scrittura né la lingua. Questo perché come ceppo linguistico appartengono al gruppo uralo-altaiche insieme all’ungherese e al finlandese. Sopra la porta centrale, si trovava la loggia imperiale. da cui deriva il nome della moschea.Le maioliche più belle sono di color turchese e si trovano in quella che una volta era la loggia dell’harem, le donne del sultano. Le decorazioni non prevedono figure umane, le rappresentazioni bibliche sono vietate. c’è spazio solo per le figure floreali, i versetti delle preghiere e le figure geometriche. Fino al 1923, anno della fondazione della Repubblica Turca c’erano ingressi separati per uomini e donne. Ci sono circa 3000 moschee ad Istanbul. A parte quelle storiche , le altre non hanno nomi, vengono chiamate con il nome del quartiere o del viale in cui si trovano.

PALAZZO TOPKAPI

Ci dirigiamo al Palazzo, prima dell’entrata vediamo una fontana di stile gotico, la Fontana del Sultano Ahmet III, fatta costruire per volere di quest’ultimo nel 1728. Topkapi significa la porta del cannone in quanto una delle porte verso il mare veniva difesa da un cannone. Si iniziarono a costruire le mura del palazzo nel 1453 con la conquista di Costantinopoli da parte dei turchi. Erano lunghe 9 km. I sultani vissero in questo palazzo dal XV al XIX secolo Nella seconda metà del 1800 costruirono un altri palazzi lungo il Bosforo e lì trasferirono la loro residenza lasciando Topkapi come sede del governo fino al 1923, anno della proclamazione della Repubblica Turca. Nel palazzo vissero 22 sultani che aggiunsero di volta in volta padiglioni nuovi in base alle proprie esigenze.

CHIESA DI SANTA SOFIA

Dopo pranzo ci dirigiamo alla chiesa di Santa Sofia (in turco Aya Sofya), una parola greca che vuol dire la divina saggezza, la divina sapienza. Costantinopoli, come Roma era su 7 colli, noi siamo sulla prima collina , era la collina dei templi. La chiesa venne ricostruita per ben tre volte. La prima costruzione risale al 360, durante il regno di Costanzo II; ed essendo stata progettata in legno, a causa di un incendio non ne rimase nulla.  All’inizio del V secolo, su volere di Teodosio venne costruita un’altra basilica, questa volta per metà in legno e per metà in marmo. A causa di un incendio scoppiato durante la rivolta di Nika nel 532 contro l’imperatore Giustiniano,  fu quasi completamente distrutta. Pochi giorni dopo la distruzione della chiesa, Giustiniano ne volle costruire una nuova di dimensioni maggiori rispetto a quelle già esistenti con materiale proveniente da tutto l’impero: colonne ellenistiche dal tempio di Artemide di Efeso, pietre dalle cave di porfido egiziane, marmo verde della Tessaglia pietra nera dalla regione del Bosforo e pietra gialla dalla Siria. Ci vollero  4000 operai  5 anni 10 mesi e 11 giorni di lavoro per completare questo complesso. Al giorno d’oggi, dopo la Cattedrale di San Paolo in Inghilterra e il Duomo di San Pietro in Italia,  Santa Sofia è la terza chiesa più grande al mondo. Restò chiesa fino al 1453 quando fu conquistata dai turchi. In questa data fu convertita nella moschea di Aya Sofya. Vennero aggiunti due minareti uno nell’angolo sud-ovest e uno nell’angolo nord-est. Intorno alla metà del XVI secolo entrambi furono sostituiti da due nuovi minareti posti negli angoli est e ovest dell’edificio. Dopo la conquista di Costantinopoli da parte dei turchi nel 1453 la rappresentazione di figure bibliche fu vietata. Tuttavia già con l’arrivo dei crociati nel 1204 una buona parte dei mosaici era stata razziata.  Gran parte dei mosaici rappresentanti figure umane erano fatti con oro, argento e pietre preziose, i pochi rimasti vennero coperti dai turchi con un velo d’intonaco. Questo fino al 1935 quando il primo presidente turco e fondatore della Repubblica di Turchia Mustafa Kemal Ataturk trasformò Aya Sofya in museo, L’intonaco che avevano usato fu rimosso fino ad arrivare ai mosaici originali che facevano parte della moschea.

BASILICA CISTERNA

Alle 16,30 ci dirigiamo verso la Basilica Cisterna. E’un posto quasi surreale, dal caotico centro cittadino si viene catapultati in un’atmosfera quasi mistica in cui le ombre del sotterraneo vengono rischiarate dalle luci rosse che illuminano le colonne, con il gocciolio dell’acqua a scandire ritmicamente il passare del tempo. E’ chiamata così perché la cisterna venne fatta costruire dall’imperatore Giustiniano nel 532 sotto il giardino di una basilica. A quel tempo l’approvvigionamento d’acqua avveniva in tre modi, di cui due all’esterno, ovvero tramite l’acqua piovana o del fiume, e uno all’interno. Quest’ultimo, ovvero tramite le cisterne sotterranee, era quello più importante,  perché nel momento dell’assedio, la prima cosa che il nemico tentava di fare , era di avvelenare l’acqua. Funzionava con il sistema dei vasi comunicanti: tramite l’acquedotto romano l’acqua arrivava alla cisterna centrale. La cisterna centrale era in comunicazione con le cisterne dei dintorni attraverso stretti canali che passavano dal pavimento. Ogni cisterna era comunicante con i pozzi delle case intorno. 

CROCIERA SUL BOSFORO

Terminata la visita della Basilica Cisterna prendiamo la metro e scendiamo alla fermata Eminou Iskele da cui prenderemo il battello per la crociera sul Bosforo. Ci affacciamo sul Mar di Marmara, che ha due aperture: a sud-ovest si collega all’Egeo tramite lo Stretto dei Dardanelli che è lungo 72km. A nord-est si collega con il Mar Nero tramite il Bosforo che è lungo 32 km. Ci sono 3 ponti sospesi. Nel punto in cui il Mar di marmara si stringe incanalandosi nel Bosforo vediamo il primo ponte sospeso inaugurato nel 1953. Da questa posizione possiamo vedere, il Corno d’Oro, una specie di fiordo lungo 7km che divide la città in due: l’antica Bisanzio-Costantinopoli a Sud e la colonia Genovese di Pera-Galata a Nord. Il giro in battello dura circa un’ora e mezza, dall 18,30 alle 20,00 e ci serve per riposarci e goderci i colori di Istanbul al tramonto.

Una volta scesi, su consiglio di un’amica turca con cui ho vissuto in Inghilterra durante gli studi, decidiamo di andare a cena in un ristorantino nella Zona di Galata, attraversando il ponte. Ne troviamo uno molto accogliente proprio sotto la Torre, che alla sera viene illuminata ergendosi maestosa in cima alla collina. Peccato che sia troppo tardi per salirci, altrimenti ci saremmo tolti anche questo sfizio.

La maggior parte di noi si riprende dai km macinati, mangiando kebab turco, un piatto tipico della cucina di questo paese fatto da dell’ottima carne di bovino accompagnata da pane fritto su un letto di verdure cremose. Insomma, nulla a che vedere con la copia di kebab a cui siamo abituati in Italia. Decisamente molto meglio l’originale. A fine cena riprendiamo la metro che ci lascia vicino all’hotel, fra qualche ora saremo di nuovo in piedi per raggiungere la prossima destinazione: Ankara. 

Basilica Cisterna
Moschea Blu
Chiesa di Santa Sofia
Palazzo Topkapi
Interno Santa Sofia

GIORNO 2 - Istanbul, Ankara, lago Tuz Golu, Castello di Uchisar, Goreme

ANKARA

Sveglia alle 4.30, colazione e alle 5,30 ci passa a prendere l’autista per accompagnarci alla stazione. Il treno parte alle 6,30. Arriviamo ad Ankara alle 10.30. Lì c’è l’incontro tanto atteso con la guida Cetin che ci accompagnerà per qualche giorno alla scoperta della storia e della cultura di questo paese. Non possiamo dedicare molto tempo alla visita di Ankara e nemmeno  conviene visto che le uniche cose da vedere sono il Museo delle Civiltà Anatoliche e la Cittadella. Ci diamo circa un paio d’ore, fino alle 13,00 perché dopo ci aspettano altri 300 km circa prima di arrivare a Goreme, città sita nel cuore della Cappadocia dove trascorreremo i prossimi due giorni.

Iniziamo con il Museo delle Civiltà Anatoliche. All’entrata ci fermiamo di fronte alla cartina della Turchia, da cui Cetin inizia la sua spiegazione. Ankara è la capitale politica della Turchia. Si tratta di una città nuova, non ha una storia passata.  Per i turchi è importante perché è il simbolo della repubblica laica nata nel 1923. Nel 1923 infatti c’è la fine dell’impero ottomano e l’ inizio della repubblica laica, in cui ognuno può esercitare la propria fede. Chiese, moschee e sinagoghe sono aperte al culto in un paese musulmano all’85%. La spiegazione potrebbe andare avanti per ore ma il tempo a disposizione è poco e così ci disperdiamo tra i vicoli della cittadella fino ad arrivare alla parte alta dalla cui torre godiamo di una bellissima vista panoramica.

LAGO TUZ GOLU

Alle 13,00 riprendiamo la strada e dopo una breve sosta lungo un autogrill per rifocillarci arriviamo a Tuz Gölü che in turco significa lago salato. Si tratta infatti di uno dei più grandi laghi di sale al mondo, mentre è il secondo per ampiezza della Turchia estendendosi su un’area di 1500 km². Per gran parte dell’anno è profondo appena 1-2 metri, in estate con il caldo l’acqua evapora e si ritira lasciando una superficie di sale bianco su cui è possibile camminare. Ci scattiamo diverse foto: in piedi, seduti, saltando. Sembra di stare in un deserto bianco.

Dopo di che ripartiamo e decidiamo di fermarci allo spettacolo dei dervisci rotanti. Dura circa mezz’ora e siamo totalmente catapultati in un’altra dimensione. Assistiamo ad una danza rituale che rappresenta l’unione mistica con Dio attraverso il movimento rotatorio. I dervisci indossano una lunga veste bianca con una gonna che simboleggia la loro devozione mentre il mantello nero la loro tomba terrena, una sorta di sacro e profano. La cerimonia comincia quando l’hafiz, lo studioso che conosce a memoria tutto il Corano, ne intona alcuni versetti e dopo di che inizia a suonare il ney, il flauto di canna. Da qui il seyh, il maestro di cerimonia guida tre dervisci in cerchio intorno alla sala. Dopo tre giri questi ultimi si tolgono il mantello e iniziano a girare vorticosamente su sé stessi come simbolo di abbandono della vita terrena e rinascita in comunione con Dio. La danza dura fino a quando l’hafyz recita altri passi del Corano, simbolo di unione con il divino.

CASTELLO DI UCHISAR

Ci sarà modo di approfondire ulteriormente le origini e la cultura dei dervisci al Museo di Mevlana a Konya. Nel frattempo ripartiamo a ci fermiamo al tramonto al Castello di Uchisar. Si tratta di un’imponente formazione rocciosa di origine vulcanica perforato da mille cavità. Giungiamo fino alla vetta per ammirare le valli della Cappadocia e dopo qualche foto ripartiamo per raggiungere Goreme dove passeremo le prossime due notti.

Ankara
Dervisci rotanti
Castello di Uchisar
Lago Salato Tuz Gölü

GIORNO 3 - Goreme, Camini delle Fate, Zelve, Le Valli

Anche questa mattina sveglia presto. Alle 6.30 siamo già al campo da cui prenderemo il volo con la mongolfiera. La capienza è per 20 persone divise in gruppi di 5 sui 4 scompartimenti di cui si compone la cesta. Più il pilota che si posiziona al centro. Il panorama che si ammira all’alba regala un arcobaleno di colori unico. Dietro il giallo ocra delle formazioni rocciose si staglia il cielo, violaceo nel momento in cui sorge il sole per poi schiarirsi sempre di più quando si fa giorno. Sorvoliamo le Valli dell’Immaginazione, dell’Amore e dei Piccioni in cui torneremo in giornata per una visita più approfondita. Il giro dura un’ora e mezza. Ritorniamo in albergo per fare colazione e dopo ci dirigiamo al Museo a Cielo Aperto di Goreme, Patrimonio dell’Umanità dell’UNESCO.  

MUSEO A CIELO APERTO DI GOREME

Iniziamo la spiegazione contestualizzando il momento storico. Siamo nei primi anni del cristianesimo, dopo la sua ufficializzazione, ovvero dagli anni 300 in poi. La città di Kayseri era una delle capitali più importanti all’epoca dell’impero bizantino, un gran centro religioso, oggi ci sono circa 2 milioni di abitanti. Si trova sulla crocevia più importante tra est e ovest e tra nord e sud. Questa città nel IV secolo aveva un vescovo di nome San Basilio. In Italia tutti lo conoscono ma pochi sanno che era vescovo della città turca di Kayseri che sarebbe la vecchia Cesarea. Costui ordinò ai monaci di Kayseri di trovare un posto  isolato e silenzioso per meditare tranquillamente e discutere delle regole del cristianesimo senza nessuna autorità al di sopra. Pochi km dopo Kayseri trovarono la Valle di Goreme in cui costruirono il Monastero dei Monaci Basiliani. Questi monaci avevano regole molto rigide. In genere i monasteri sono chiusi agli altri ordini, questo però era l’unico aperto agli altri al fine di discutere meglio con idee provenienti dall’esterno. Avevano problemi di cibo perché qui non c’è agricoltura, ma solo uva bassa e qualche albero di albicocco. Risolsero i problemi del cibo nutrendosi dei piccioni che, da una parte hanno tempi di riproduzione veloci, dall’altra il loro sterco era un buon fertilizzante per l’uva bassa. Passavano la vita a meditare: l’unico momento in cui potevano parlare era l’ora di pranzo nella mensa, durante il giorno non si rivolgevano parola trascorrendo il tempo nelle piccole chiese ricavate nella roccia.

CAMINI DELLE FATE

Saliamo sul pulmino e ci fermiamo poco dopo ad ammirare le formazioni rocciose conosciute come camini delle fate che contraddistinguono questa parte della Turchia. Tutte le formazioni della Cappadocia sono dovute a due vulcani, uno è di 3000 m di altezza, l’altro è il Monte Argeo, vicino alla città di Kayseri, alto 4000m. Questi due vulcani, milioni di anni fa quando erano in attività, formarono la Cappadocia, oggi non sono attivi. Osservandoli possiamo notare due tipi di materiali, quello sopra più scuro è sempre vulcanico ma è più duro, quello sotto più chiaro è friabile. Quello più massiccio si è creato per ultimo e protegge quello più morbido dando vita a queste formazioni rocciose chiamate camini delle fate perché  di notte la luna gli conferisce l’aspetto di silouettes luminose. Se fosse stato viceversa, il morbido a proteggere il duro, oggi sarebbe tutto piatto. Invece con questa struttura muoiono e nascono nuovi camini.

MUSEO A CIELO APERTE DI ZELVE 

Ci rechiamo alla città rupestre di Zelve. Qui cristiani ortodossi e musulmani vissero in totale armonia fino al terremoto del 1953. Questa non è una zona sismica di prima categoria, tuttavia il tufo essendo friabile si è sfaldato e il governo emanò una legge vietando di vivere in posti come questi in tutta la Cappadocia. In un primo momento gli abitanti non volevano andar via. Ci sono vantaggi a vivere qui: non si paga l’affitto, anche se in estate si arriva a 40 gradi e in inverno a meno 15, il tufo mantiene la temperatura annuale costante di 15 gradi, inoltre si erano abituati a vivere così da secoli. Per agevolarli lo stato gli promise un terreno o una casa costruita vicino, solo dopo iniziò il trasferimento, però alcuni cristiani preferirono recarsi in un paese cristiano. Quindi la Turchia fece un accordo con la Grecia, il paese cristiano ortodosso più vicino: i musulmani turchi che vivevano in Grecia potevano essere accolti in Turchia ricevendo anche loro un terreno o una casa. I cristiani ortodossi, se volevano, potevano andare in Grecia e ricevere un terreno o una casa finanziati dalla Turchia. Facciamo un giro per fotografare i vari locali scavati nella roccia prima di ripartire alla scoperta delle Valli della Cappadocia.

LE VALLI

Ci fermiamo alla Valle dell’Immaginazione, così chiamata perché le rocce hanno forme che permettono di immaginare qualsiasi cosa: animali, cose, persone. E come dice la nostra guida, “immaginate quello che volete, è tutto gratis!” 

Mongolfiera in Cappadocia
Camini delle Fate
Museo a Cielo Aperto di Goreme
Valle dell'Immaginazione

GIORNO 4 - Kaymakli, Valle di Ihlara, Monastero di Selime, Konya

KAYMAKLI

Partenza alle 8.15, ci fermiamo a vedere un negozio di pietre vicino alla Valle dei Piccioni.  Alle 9.30 salutiamo a nostro malincuore Cetin e ci dirigiamo a Kaymakli per la visita alla città sotterranea. La nostra guida sarà Mustafà. All’ingresso ascoltiamo le origini. Gli ittiti erano popoli nomadi, arrivarono in Asia Centrale 4000 anni fa, nel 2000 AC, scavando i primi due piani sotto terra per nascondersi dai nemici: assiri, babilonesi, frigi, qualche volta nell’ultimo periodo gli egiziani. I frigi sconfissero gli ittiti nell’VIII secolo AC rifugiandosi in Siria e lasciando la grotta abbandonata per tanti secoli. Poi nel IV secolo DC arrivarono i cristiani da Gerusalemme, Giordania, Siria. I cristiani allargarono la superficie di questa grotta scavando altri 6 piani. I nemici dei cristiani a quell’epoca erano arabi, persiani, mongoli. A seguito delle crociate del 1200 DC l’ esercito musulmano era più forte e sconfisse i cristiani che se ne andarono nei paesi balcanici (Grecia, Bulgaria, Jugoslavia). Quindi i cristiani sono stati l’ultimo popolo ad abitare questa grotta fino al 1200 DC. Dopo di loro nessuno si nascose lì e la grotta fu abbandonata. Il Ministero del turismo ha aperto Kaymakli ai visitatori nel 1964. La città sotterranea di Kaymakli si compone di 8 piani, 5 aperti al pubblico, mentre gli altri 3 sono chiusi  perché i passaggi che vi permettevano l’accesso sono crollati a causa della penetrazione dell’acqua. Nell’epoca ittita c’erano due piani in cui vissero 1000 persone. Nell’epoca cristiana 8 piani in cui abitarono 5000 persone.

VALLE DI IHLARA

Terminata la visita alla valle di Kaymakli, verso le 11,30 ripartiamo per il trekking alla Valle di Ihlara. Si tratta di un trek semplice dal punto di vista tecnico, ma molto suggestivo sotto l’aspetto naturalistico: una passeggiata lungo il fiume Melendiz immersi nella vegetazione del luogo. Il programma prevede un percorso di 3 km con tappa finale al ristorante Belisirma e dopo di che altri 7 km in pulmino per raggiungere il Monastero di Selime. In realtà si può arrivare al monastero proseguendo con altri 7 km di trek lungo il fiume. Quasi per gioco lo propongo al gruppo, che con mio grande stupore accetta la proposta…e io che stavo scherzando! Dopo il primo tratto ci fermiamo al ristorante Belisirma in cui ci accomodiamo in piattaforme disposte lungo il fiume per mangiare e rilassarci. Verso le 15 circa ripartiamo con gli ultimi 7km di trek percorsi tra prati per il pascolo di mucche, cinguettio di uccelli, rupi torreggianti e chiese scavate nelle rocce, un panorama davvero suggestivo.

MONASTERO DI SELIME

Arriviamo al Monastero di Selime verso le 17,30. Situato nel Distretto Guzelyurt della provincia di Aksaray, è il più grande di tutta la Cappadocia. Ha una struttura a più piani scavata nella roccia ed è di una bellezza unica. il Monastero servì in epoca bizantina come centro per le attività religiose dei cristiani di cui il primo nucleo non segreto  della Cappadocia si trovava qui. A parte servire per scopi religiosi, fu usato anche come importante base militare. I locali, infatti, si difesero costruendo trincee e fortificazioni in vari punti. La cattedrale è formata da 10 stanze connesse una all’altra tramite tunnel e passaggi. La cattedrale di Selime fu usata come base militare anche durante il periodo Selgiuchide. Il comandante Ali Pasha portò avanti una coraggiosa difesa contro i mongoli che iniziarono ad invadere l’Asia centrale nel 1243. Ali Pasha e i suoi uomini furono uccisi, la sua tomba si trova nella parte occidentale della cattedrale.

Saliamo sul pulmino per raggiungere Konya dove passeremo la notte. Rispetto ai luoghi visitati fino ad ora, Konya risulta essere quella più integralista. Dopo cena usciamo a fare un giro, e nonostante i suoi 2 milioni di abitanti i locali aperti sono pochi. Ci rechiamo in un pub ma l’alcool è severamente vietato, il primo luogo disponibile per una birra è a 15 km di distanza. Così tra tè e narghilè passiamo la serata ridendo. Domani mattina visiteremo il museo di Mevlana che è un tassello importante per capire meglio questa città che ci appare così austera.

Valle di Ihlara
Kaymakli
Valle di Ihlara
Monastero di Selime

GIORNO 5 - Konya, Pamukkale, Hierapolis

Konya – Museo di Mevlana

Alle 9,00 ci rechiamo al Museo di Mevlana, un tempo sede della comunità dei dervisci rotanti formata da Celadin Rumi, conosciuto poi come Mevlana che morì qui nel 1273 all’età di 66 anni. E’ stato un teologo musulmano sunnita e poeta mistico di origine persiana. A livello storico, infatti, il periodo compreso tra l’XI e il XIII sc furono gli anni dei Selgiuchidi, popolazioni di lingua turca che prima di arrivare in Anatolia avevano fondato un impero con sede principale in Persia, motivo per cui si fecero promotori anche in Turchia della cultura e dell’arte persiana. Entriamo nel monastero togliendoci le scarpe e noi donne coprendoci il capo. Dopo aver visto la tomba di Mevlana, usciamo nel cortile esterno in cui a ferro di cavallo si aprono una serie di sale che ci permettono di conoscere meglio la cultura dei dervisci, discepoli  di confraternite islamiche dediti a un cammino i vita fatto di rinunce per raggiungere la totale purificazione e ascesi verso il divino.

Pamukkale, Hierapolis

Alle 10 circa ripartiamo per andare a Pamukkale, lasciando definitivamente la Cappadocia. Sono circa 5 ore di autobus, 400 km di distanza. Tra una sosta e l’altra arriviamo verso le 16. A Pamukkale le attrazioni da vedere sono due. La prima sono le formazioni di travertino di colore bianco in cui si può camminare a piedi scalzi e immergersi nelle calde acque termali provenienti dalla montagna bianca sovrastante, che viene chiamata “ castello di cotone” (infatti pamuk in turco vuol dire cotone). Nella stessa location, si trova anche il sito archeologico di Hierapolis, Patrimonio dell’Umanità dell’UNESCO. Entriamo dall’ingresso meridionale e iniziamo con la visita alle rovine di quest’ultimo, fondato intorno al 190 AC da Emanuele II di pergamo. Prosperò sia sotto i romani che i bizantini. Tuttavia i numerosi terremoti terminarono con la completa distruzione della città nel 1334. La parte che più ci lascia senza fiato è il teatro romano che ricorda l’Arena di Verona. Prima di proseguire verso l’ingresso settentrionale dove ci aspetta l’autista, passiamo un paio d’ore a rilassarci nelle vasche d’acqua termale.

Museo di Mevlana
Pamukkale
Hierapolis
Pamukkale

GIORNO 6 - Pamukkale, Afrodisia, Efeso Izmir

Alle 8,30 partiamo da Pamukkale e raggiungiamo il sito archeologico di Afrodisia alle 10,00. Al parcheggio ci viene a prendere un trattorino che ci porta fino all’ingresso del sito. Afrodisia era una prospera città, famosa ai tempi dei Romani per il Tempio di Afrodite. I suoi monumenti sono ben preservati rendendola uno dei siti archeologici più importanti della Turchia. I primi insediamenti risalgono al 5000 AC. Dal VI secolo il Tempio di Afrodite divenne meta di pellegrinaggio, tuttavia rimase un villaggio fino al II o I secolo AC, quando venne ripianificata con una popolazione di 15000 abitanti. L’imperatore romano Augusto prese Afrodisia sotto il suo controllo personale alla fine del I AC. La planimetria della città era centrata attorno al tempio di Afrodite e al Teatro, con due grandi piazze colonnate tra di loro. Lo stadio, nella parte settentrionale della città, è il migliore conservato tra quelli antichi. Afrodisia divenne capitale della provincia romana di Caria alla fine del III DC e fu fortificata per la prima volta a metà del IV secolo. La città prosperò per tutto il VI secolo, quando il Tempio di Afrodite fu convertito in chiesa cristiana. Nel Medioevo fu una piccola città, alla fine abbandonata nel XII secolo. 

Dopo la visita pranziamo e alle 16.30 ci dirigiamo ad Efeso dove prendiamo una guida inglese per la visita del sito archeologico che dura due ore e mezza. Arriviamo ad Izmir alle 20. Il tempo di cambiarci e siamo di nuovo in giro per trascorrere l’ultima serata della vacanza in un locale lungo la costa.

Afrodisia
Efeso
Afrodisia
Efeso

GIORNO 7 - Rientro in Italia

Ritorniamo in albergo che ormai è mattina; il gruppo di Bergamo parte con il transfert alle 5.30, mentre quello di Roma alle 6.30. Ci salutiamo e ci abbracciamo arricchiti da questa nuova esperienza di viaggio. Quando sono in Italia mi arriva un messaggio, è Cetin che scrive “Elisa tesoro un abbraccio forte e buona vita. Sei nel cuore.” Mi siedo e penso che ogni viaggio lascia un segno. In questo caso è lo sguardo di due persone che fissandosi negli occhi sono state accomunate da un’unione profonda che trascende ogni differenza di religione, storia, cultura. E’ lo sguardo di due persone che sanno di aver condiviso in qualche modo lo stesso pizzico di gioia e di dolore. Sospiro e mi domando cosa mi aspetterà al prossimo viaggio.