
Quello in Sardegna è stato un viaggio di due settimane alla scoperta della parte centro settentrionale dell’isola. La prima settimana, partendo da Olbia ho percorso le strade costiere de La Gallura rilassandomi sulle splendide spiagge di Costa Smeralda e Costa Paradiso. Ho raggiunto Stintino, l’estremo lembo nord occidentale dell’isola per poi riprendere il viaggio verso sud. Ho visitato Sassari, Alghero, Bosa e Oristano. Da qui ho tagliato in due l’isola dirigendomi dalla parte opposta, a Nuoro. La seconda settimana l’ho dedicata all’ arrampicata nella suggestiva cornice paesaggistica di Ulassai, nel centro dell’Ogliastra. Gli ultimi giorni li ho trascorsi a Cala Gonone, nota cittadina balneare del Golfo di Orosei. Prima di ripartire ho fatto una tappa a Siniscola e Golfo Aranci per poter ammirare ancora una volta i colori vivaci che caratterizzano la natura incontaminata dell’isola. Ritornerò. E questa volta riprenderò il mio viaggio dall’Ogliastra per poi addentrarmi alla scoperta dei tesori della Barbagia e scoprire il sud dell’isola con la sua perla, Cagliari.
Ecco il mio primo giorno in Sardegna. Sono arrivata ieri pomeriggio alle 17:30 a Olbia dopo essermi imbarcata alle 10:15 a Civitavecchia. Avevo prenotato un hotel così da pernottare lì. La sera sono andata a fare un giro per il centro…ciò che mi è piaciuto di più è stato sedermi vicino alla ruota panoramica fronte mare con musica di sottofondo…per un attimo la testa si è svuotata…c’ero solo io seduta su quella panchina, fisicamente lì, ma con la testa e l’anima sollevati da terra.
Questa mattina alle 7:00 sono partita con l’intenzione di raggiungere la Spiaggia del Dottore. Ho scelto questa come meta perché stavo cercando qualcosa di selvaggio, incontaminato e quasi deserto. Le varie recensioni lette mi portavano a questa spiaggia, che i sardi non conoscono con questo nome ma come Capo Ceraso. E’ stata un’impresa raggiungerla, il navigatore mi ha puntualmente portato fuori strada. Così ho chiesto ad almeno tre persone differenti: “segui la strada fino a quando sulla destra incontri una casa bianca con i cartelli vendesi, da lì gira a sinistra e sali sali fino a quando incontri sull’asfalto una scritta bianca A mare. Da lì parcheggia e prosegui lungo il sentiero.” E così ho fatto. Alla fine del sentiero mi sono ritrovata alla Spiaggia delle Tre Sorelle, c’ero io e un’altra ragazza che stava facendo stretching…il mare limpido, gli scogli a picco, la sabbia fine e la vista sull’Isola di Tavolara….non ho resistito e mi sono piantata lì. Per arrivare alla Spiaggia del Dottore si prende il sentiero sulla sinistra e si prosegue per altri 30 minuti.
Verso le 15.30 sono ripartita alla volta di Arzachena, una cittadina famosa per essere un sito nuragico. Sette sono le bellezze storiche da visitare in questo centro: Nuraghe Albucciu, Tomba di Giganti Moru, Tempio Malchittu, Tomba di Giganti Li Lolghi, Necropoli Li Muri, Nuraghe La Prisgiona, Tomba di Giganti Coddu Vecchju. Sono arrivata intorno alle 17.30 e dal momento che i siti chiudevano alle 19:00 sono riuscita a vedere solo le prime tre costruzioni. Alle 19:00 in perfetto orario di chiusura, sono passata a salutare la ragazza dell’ufficio informazioni che, essendo anche guida turistica, mi ha dato qualche tips in più sulla civiltà nuragica.
Nuraghe Albucciu
Durante l’età del Bronzo, a partire dal XVII sec A.C. si diffondono in tutta la Sardegna i nuraghi,. Si tratta di edifici adibiti a più funzioni: rappresentavano il cuore politico, sociale ed economico dell’insediamento ed erano destinati al controllo e alla difesa del territorio intorno e delle risorse presenti. Il nuraghe Albucciu è è databile tra l’Età del bronzo e quella del Ferro, tra il 1400 A.C. e il 650 A.C.
Il Tempio Malchittu è stato ricondotto all’età del Bronzo Medio. E’ posto in cima ad una collinetta, circa 1,8 km ad andare e poi atrettanti a tornare su di una stradina sconnessa che si inerpica in cima ad un’altura come era usuale per i luoghi di culto.
Tempio Malchittu, Arzachena
Dopo aver pernottato ad Arzachena, alle 8:30 mi sono messa in macchina per raggiungere il Porto di Palau in cui ho parcheggiato la macchina. Ho raggiunto il molo 4 dove era attraccata la barca con cui sarei partita per il tour a La Maddalena. La prima fermata l’abbiamo fatta all’Isola di Santa Maria, la seconda alle piscine naturali vicino all’Isola di Budelli. Il terzo pit stop all’Isola di Spargi, precisamente a Cala Corsara dove ho potuto ammirare le rocce erose dal vento del cane Bulldog e della testa della Strega. Come ultima fermata sono scesa all’Isola della Maddalena dove una simpatica guida ha guidato i partecipanti al tour ad una visita presso il centro storico spiegando alcune peculiarità dell’Isola.
Sono rientrata alle 17.30 a Palau per poi dirigermi a Santa Teresa di Gallura dove ho passeggiato vicino alla Torre Longosardo e per le vie del centro. Ho poi percorso qualche km in più passando per l’Istmo per raggiungere Capo Testa da cui si può guardare verso la Corsica. Il paesaggio è mozzafiato: gli scogli a picco sul mare e le pareti rocciose lo rendono un tratto peculiare dell’isola. Dopo essermi goduta il tramonto ho raggiunto l’ultima tappa della giornata, Luras, un paesino dell’entroterra gallurese vicino a Tempio Pausania in cui mi sarei recata il giorno successivo.
Come ha spiegato la simpatica guida de La Maddalena, quest’isola non è spesso citata nei libri, eppure è stata la protagonista di eventi storici che hanno cambiato equilibri mondiali ed europei. Ha iniziato a popolarsi quando i pastori della Corsica si trasferirono sulla parte centrale dal 600 ai primi anni del 1700. Mentre sulle coste abitavano i pescatori. Nel 1767 ci fu l’invasione militare da parte dei Savoia, il cui insediamento favorì lo sviluppo dell’attuale centro storico e di tutte le attività connesse. Il 23 Febbraio 1793 la Francia bombardava La Maddalena e tra i membri della spedizione c’era Napoleone Bonaparte. Tra il 1803 e il 1805 l’isola ospitò la flotta inglese comandata dall’Ammiraglio Nelson. L’isola si trovava in una posizione strategica, a sole 24 ore di vela da Tolone, in cui stazionavano le truppe francesi guidate da Napoleone. L’ammiraglio Nelson partì proprio da La Maddalena per l’epica battaglia che si concluse a Capo Trafalgar nel 1805. Un’altra personalità di spicco che risuona nell’isola è quella di Giuseppe Garibaldi di cui si trova la statua a grandezza naturale, che dal 1856 al 1882 visse in esilio a Caprera, un’altra isola dell’arcipelago. Infine, come racconta la guida, un altro episodio di cui fu protagonista l’isola fu il bombardamento aereo da parte degli alleati nel 1943 che causò portò a gravi perdite militari nonché alla morte di alcuni civili maddalenini che da quel momento inziarono lo sfollamento verso le aree interne dell’isola.
Questa mattina sono andata a fare un giro a Tempio Pausania, dove ho scoperto che Fabrizio De André ha vissuto (per la precisione l’Agnata, nell’entroterra gallurese). L’ufficio turistico si trova in un’area dedicata interamente al cantante, lo Spazio Faber. Il ragazzo dell’ufficio mi ha detto che De André era così innamorato di questa terra che anche dopo il sequestro ha perdonato i suoi rapitori e ha continuato a vivere lì. Ora la casa che aveva all’Agnata è stata adibita ad agriturismo. Ho fatto un giro per le stradine colorate di Tempio Pausania e quello che ho percepito è stata la diffidenza degli abitanti del luogo, specialmente dei più anziani. Mi sentivo osservata e il fatto che fossi in esplorazione da sola munita di zaino in spalla e macchina fotografica deve aver incuriosito molto.
Dopo una sosta alle Fonti Rinaggiu ho risalito la Valle della Luna, una splendida via che unisce Tempio Pausania con Isola Rossa, a Nord lungo la Costa Paradiso. Sembra veramente di passare lungo un paesaggio lunare con lande deserte intervallate da rocce di granito dorato. Prima di dirigermi qui ho deviato per Baia di Tinnari, un’altra caletta paradisiaca ma che vi avverto… si raggiunge dopo circa 2km a piedi in discesa su strada sterrata. Mentre camminavo la mia mente andava già alla salita del ritorno! Ma ne è valsa la pena anche perché lo scenario che si apre all’arrivo è fantastico. La spiaggia sassosa è quasi deserta, il mare cristallino e gli scogli si stagliano in acqua . Mi sono immersa per ammirare il fondale, e in effetti è diverso rispetto alle calette dei giorni precedenti. Qui a Tinnari l’acqua diventa subito profonda e si possono ammirare massi e pesciolini colorati sul fondale.
Al ritorno sono riuscita a risalire i 2km di strada sterrata senza soste per poi dirigermi a Isola Rossa, così chiamata perché le sue rocce rosse di pietra calcarea la fanno risaltare con questo colore acceso. Un giro per visitare la Torre Aragonese e poi sono ripartita alla volta di Sassari.
La mattina mi sono svegliata presto e ho fatto un giro per il centro storico di Sassari. Da Piazza Sant’Antonio ho percorso Corso Vittorio Emanuele per fare poi una sosta intermedia a P.zza Tola e P.zza Azuni e raggiungere P.za Italia. Da lì le ultime tappe sono state il Duomo e Corso Trinità in cui si possono ancora ammirare i resti della cinta muraria medievale.
Dopo di che mi sono diretta alla spiaggia “La Pelosa”, situata a Stintino, un ex villaggio di Pescatori. Tanto decantata, dopo averci lasciato 9 Euro di parcheggio, 5 Euro per la stuoia obbligatoria e 3.5 Euro per l’ingresso, tempo 2 ore e me ne sono andata, troppo turistica, anche se siamo a settembre e non c’era troppo affollamento.
Ho iniziato a dirigermi verso sud raggiungendo Capo Caccia dove ho disceso la Escala de Cabirol per ammirare le Grotte di Nettuno, un vero spettacolo della natura.
Nel pomeriggio ho raggiungo Alghero, dove è ancora possibile ammirare i bastioni che un tempo cingevano la città e 7 torri costruite in epoca medievale. In serata mi sono fermata a Bosa per poterla visitare la mattina successiva.
Le Grotte di Nettuno si raggiungono percorrendo 654 scalini (la Escala del Cabirol). La guida che ha accompagnato me e il resto dei viaggiatori lungo il percorso ci ha narrato la storia e le caratteristiche del luogo. Le Grotte sono state scoperte da un gruppo di pescatori all’inizio del XV secolo e hanno un’età compresa tra i 6 e i 7 milioni di anni. A differenza di altre grotte, la temperatura rimane costante tutto l’anno, tra i 18-20 gradi grazie al tasso d’umidità che varia dal 45% del periodo invernale al 99% di quello estivo.
Sono formate da quattro sale. La prima è chiamata anche Sala dell’Organo perché c’è una parete la cui conformazione ricorda l’organo di una cattedrale. La seconda viene denominata Sala della Cupola perché la concrezione che si vede al centro ricorda la cupola di una chiesa. La terza è la Sala del Corallo, per la presenza di stalattiti particolari, chiamate eccentriche, che si sono sviluppate non solo dall’alto verso il basso, ma anche in orizzontale e che le conferiscono l’aspetto di una barriera corallina. La quarta è chiamata La Terrazza perché si trova nella parte più alta con una veduta panoramica delle altre sale.
Questa mattina sono andata in giro per la cittadina di Bosa, così piccola e raccolta ma ricca di storia. Ho visitato il Museo Casa Deriu in cui sono esposte le opere dell’artista sardo Melchiorre Melis, la Pinacoteca, dedicata al pittore Antonio Atza e il Museo delle Conce.
MUSEO CASA DERIU – La guida che mi accompagnata in questo tour alla scoperta di Casa Deriu mi ha spiegato che si tratta di un palazzo nobiliare risalente alla fine del 1700. Si affacciava su Corso Vittorio Emanuele, la via più importante della città. Attualmente il museo si sviluppa su 3 piani, al primo sono ospitate mostre temporanee, al secondo si possono visitare le stanze nobiliari che sono rimaste intatte, mentre il terzo è interamente dedicato all’artista Melchiorre Melis. Originale del palazzo è la camera da letto, il cui pavimento è formato da maioliche provenienti da Vietri sul Mare (Campania). Questo a dimostrazione del fatto che Bosa era una delle città più moderne della Sardegna, si affacciava sul mare e aveva il fiume che tuttora è l’unico navigabile dell’isola. Di conseguenza oltre che esportare i propri prodotti, importava modelli culturali con cui entrava in contatto. Il copriletto era fatto con la tecnica del filet, il ricamo tipico di Bosa. Prima si realizzava la rete con la stessa tecnica usata per le reti da pesca, poi questa veniva ancorata d un telaio, e sopra si eseguivano ricami legati ai temi della fertilità e dell’abbondanza. Ad oggi ci sono scuole per insegnare questa antica arte.
Il terzo piano è interamente dedicato all’artista Melchiorre Melis nato a Bosa nel 1899. Può essere definito un designer perché si occupava di ceramica, grafica, arredo di interni, pittura. La sua fortuna fu la conoscenza con il politico Italo Balbo, che negli anni del fascismo gli propose di trasferirsi a Tripoli e aprire una scuola di arti e mestieri. Melis seguì il suo consiglio, si trasferì e lì raggiunse l’apice del suo successo. Anche se in quegli anni non era fisicamente in Sardegna, rimase legato alla sua terra pubblicizzando l’isola attraverso lavori di grafica come francobolli e biglietti aventi come sfondo tipicità della cultura sarda. Era inoltre direttore di una rivista sarda. Tra i quadri dipinti, molti rappresentavano scene di vita bosana: la pesca dell’aragosta, la mattanza del tonno, il carnevale di Bosa, donne che ricamavano per strada, il trasporto della sabbia che veniva utilizzata per la costruzione di case.
PINACOTECA – ARTISTA ANTONIO ATZA – La Pinacoteca è dedicata al pittore Atza, è nato a Bauladu, vicino a Oristano nel 1925, e trasferitosi a Bosa all’età di 6 anni. Era un artista eclettico, tanto che chi visita la Pinacoteca per la prima volta può pensare che le opere provengano da pittori diversi. Ha sperimentato di tutto: dalle opere riproposte in chiave futurista che ricordano Dalì; ai quadri polimaterici utilizzando la sabbia, al al ritratto dell’anatomia umana fino alla pop art. Ha donato le sue opere al Comune di Bosa nel 2002, 7 anni prima della sua morte.
MUSEO DELLE CONCE – Percorrendo il ponte sopra il fiume sono arrivata alla sponda opposta, un tempo fulcro delle concerie locali. Il Museo è una conceria originale del 1700. Come ha spiegato la guida, nel 1700 erano presenti oltre 30 concerie. Nel 1824 erano 28 quelle attive. Il numero è diminuito in maniera progressiva, nel 1930 ne erano rimaste solamente 5, nel 1950 solo 1 chiusa nel 1962. L’attività è andata scemando perché c’era molta concorrenza da parte della Toscana in cui si usavano già macchinari tecnologicamente avanzati. Inoltre a Bosa occorreva considerare le spese di spedizione. Tutte le concerie avevano a piano terra le vasche per sciacquare e lavorare le pelli al fine di separarle dal pelo dell’animale. Mentre il primo piano era destinato all’asciugatura asciugatura e rifinitura.
E’ stato veramente bello girare per Bosa, è un vero e proprio spaccato della cultura di questa regione e passeggiare per i vicoli stretti con le case colorate e il pavimento fatto di ciottoli è stato un tuffo nel passato. Dopo di che sono partita alla volta del Nuraghe Losa arrivando alle 13:00.
NURAGHE LOSA – La visita al Nuraghe Losa è durata circa 1 ora. Prima di andare al sito, la guida all’interno dell’ufficio informazioni mi ha dato qualche cenno in più rispetto alla società nuragica. Si sviluppò nell’età del bronzo, intorno al 1800-1700 A.C. Mentre come data di fine si considera il 238 A.C. anno in cui i romani invasero la Sardegna. Si tratta di costruzioni che all’inizio avevano una pianta irregolare con altezza bassa. Con il passare del tempo la società divenne sempre più organizzata. Nell’età del Bronzo Medio si iniziarono a costruire nuraghi complessi a tre torri come il Nurage Losa ed altri a 5 torri. Il Nuraghe diventò simbolo del potere identitario per la comunità e attorno a questo si sviluppava il villaggio. In Sardegna ce ne sono 8000. All’inizio dell’età del ferro (1000 A.C.) non se ne costruirono più fino a giungere al 238 A.C.
THARROS – Verso le 14 sono arrivata a Tharros e mi sono unita ad una visita guidata per poter conoscere più a fondo la storia di questo luogo Si tratta di una città di fondazione fenicia del VII A.C.. E’ stata costruita in posizione strategica nel rispetto dei criteri prescelti dalla società, ovvero la presenza di un approdo riparato, o di un doppio approdo come in questo caso, con il Mar Di Sardegna da una parte e il Golfo di Oristano dall’altro. I fenici adibivano l’area periferica alla sepoltura e si ipotizza che quando arrivarono trovarono dei circoli di capanne realizzati in basalto appartenenti ad un villaggio nuragico attivo tra il 1500 e il 1000 A.C. in cui sistemarono le urne cinerarie. Nel 238 A.C fu conquistata dai romani che apportarono diverse modifiche e innovazioni. Tra queste l’introduzione dell’acquedotto per l’approvvigionamento dell’acqua che correva lungo le mura fino al castellum aquae, il deposito principale, che si trovava dentro la città. La strada principale fu lastricata dai romani con basalto divenendo la via del commercio con botteghe e taverne ai lati. Tharros è stata scavata per un terzo e tra i ritrovamenti di età romana ci sono due impianti termali e i resti di due colonne appartenenti ad un tempio che si affacciava sul mare.
ORISTANO – Sono infine ripartita per Oristano in cui ho fatto un giro per la città visitando la Pinacoteca e il Museo della Creta.
ORISTANO – Questa mattina, prima di riprendere il viaggio, ho visitato Piazza Eleonora d’Arborèa, al cui centro domina il monumento dedicato ad Eleonora d’Arborèa, una delle figure femminili più interessanti del medioevo sardo e italiano in generale. Governò tra il 1383 e il 1404 in qualità di giudicessa d’Arborèa con l’obiettivo di riunificare l’isola, in quel periodo divisa in quattro parti, emancipandosi così dal vassallaggio della corona aragonese. Non riuscì nel suo intento, ma emanò la carta legislativa Carta de Logu che rimase in vigore fino agli inizi dell’800. Avrei voluto visitare anche il Museo della Sartiglia, un centro interamente dedicato alla rivisitazione storica della Sartiglia, un torneo equestre di origine cinquecentesca che è stato tramandato fino ad oggi e che si ripropone ad Oristano durante il Carnevale. Purtroppo era chiuso e così mi sono diretta alla mia prossima metà, Nuoro, passando al lato opposto dell’isola.
NUORO – Anche Nuoro ha la sua figura femminile di spicco, Grazia Deledda, premio Nobel per la letteratura nel 1926. Dopo un giro per la città ho visitato il Museo del Costume, che costituisce la collezione più ricca sugli usi e costumi della Sardegna. Sono raccontate le attività e relative tecniche di sostentamento degli abitanti nel corso del tempo: pastorizia, agricoltura, pesca, molitura e artigianato come tessitura e ornamenti. Dopo la visita ho percorso la strada panoramica di 7km che risale il Monte Ortobene per poi scendere ad Ulassai.
ULASSAI – Ulassai è una cittadina che si trova nel cuore dell’Ogliastra, la parte centro orientale della Sardegna. E’ caratterizzata da massicci rocciosi di origine calcarea chiamati “tacchi” che raggiungono altezze elevate attirando gli appassionati di climbing da ogni parte d’Europa. Sono rimasta ad Ulassai per 3 giorni unendomi ad un gruppo di amici climbers, alternando arrampicate a siti suggestivi legati alla storia di questo posto. Se decidete di fare una tappa qui, vi consiglio di provare Is culurgionis, grossi ravioli ripieni di patate, pecorino e menta accompagnandoli con un buon bicchiere di Cannonau.
SETTORI DI ARRAMPICATA – Una della falesie più belle di Ulassai è il Canyon Sa Tappara, tra le prime ad essere chiodate. La via più corteggiata è la danza del maestrale, un 7a+ di 30m su muro strapiombante. Altre settori interessanti sono la Torre dei Venti, con pareti di calcare a piccoli buchi taglienti che richiede una scalata tecnica e il Palazzo d’Inverno nella vicina Jerzu.
MUSEO ALL’ APERTO “MARIA LAI” – Maria Lai è un’artista sarda nata ad Ulassai, ha avuto una vita travagliata, a tratti rocambolesca. Viene riconosciuta come la prima al mondo ad introdurre l’arte relazionale dopo che nel 1981 realizzò l’opera “Legarsi alla Montagna”. Al fine di rendere partecipi gli abitanti alla vita del paese, tutte le case furono unite alla montagna con un nastro azzurro. Il suo coinvolgimento nella vita locale ha fatto si che l’artista rinominasse 12 vie della Torre dei venti con il nome di una sua opera.
GROTTE SU MARMURI – E’ la grotta più grande della Sardegna, formatasi circa 6 milioni di anni fa a seguito dell’erosione di un fiume sotterraneo. Ciò che la contraddistingue la presenza durante l’inverno della più grande colonia di pipistrelli di tutta l’isola. Circa 30 mila esemplari che trascorrono qui l’inverno per poi uscire in cerca di grotte più piccole e calde dove poter trascorrere l’inverno.
Da Ulassai sono risalita a nord per raggiungere Cala Gonone. una località balneare nel comune di Dorgali, nel Golfo di Orosei. Ciò che la contraddistingue è il paesaggio naturalistico ricco di calette, alcune delle quali raggiungibili attraverso percorsi escursionistici. Non è un caso che qui si pratichi il “Selvaggio Blu”, uno dei trekking più ambiti e impegnativi d’Italia. Sono arrivata qui insieme agli amici climbers di Ulassai e in questi 2 giorni ho continuato ad alternare l’ arrampicata a momenti di relax.
SETTORI DI ARRAMPICATA – Tra le falesie in cui sono stata S’atta Ruja (in sardo gatta rossa), placca di calcare a buchi e strapiombo facile. E’ stata la prima in cui sono andata a Cala Gonone. Stavo facendo sicura quando è scoppiato un temporale forte. Insieme al gruppo abbiamo “disarrampicato” in fretta perché fulmini e acqua diventavano pericolosi per noi oltre che rovinare l’attrezzatura. La Poltrona è una parete di calcare grigio a placche con gocce poco profonde. Si tratta dell’unica falesia in Sardegna con arrampicata in placca e proprio per questo lo stile richiesto è molto tecnico. Non ci sono sentieri battuti per raggiungerla e abbiamo attraversato passaggi stretti e a strapiombo. Infine Buchi Arta, falesia stupenda in mezzo alla macchia mediterranea, con tiri per tutti i livelli.
CALA FUILI – E’ una spiaggia incontaminata di Cala Gonone, l’ultima raggiungibile in macchina. Si trova ai piedi di una scalinata e il panorama che si apre lascia senza fiato: è una tela di colori in cui il blu del mare fa da sfondo al bianco della sabbia, al verde della vegetazione rigogliosa e alle immancabili pareti rocciose meta preferita dei climbers.
Ci altri molti altri luoghi interessanti da visitare vicino Cala Gonone, tra questi Cala Luna e le Grotte del Bue Marino, raggiungibili in battello via mare, oppure con un percorso di trekking. Ma anche siti storici come il Villaggio Nuragico di Tiscali. Dopo qualche arrampicata e una sosta al mare, sono ripartita verso Olbia con una serie di tappe intermedie prima di riprendere il traghetto per Civitavecchia.
Dal Golfo di Orosei mi sono diretta verso Siniscòla, centro principale delle Baronìe e lì ho fatto una pausa alla spiaggia di Capo Comino, una distesa di sabbia finissima, con l’antico faro che fronteggia la piccola isola Ruja tra le acque limpide del mare.
Come ultima tappa di questo viaggio, mi sono concessa un ultimo bagno a Cala Moresca, una delle calette selvagge di Golfo Aranci, vicino Olbia, tra la Costa Smeralda a Nord e l’area marina di Tavolara a sud. Tornerò presto per esplorare gli usi e costumi dell’entroterra e visitare il sud dell’isola.
Capo Comino Cala Moresca